"La guerra è guerra quando due fratelli si uccidono a vicenda."

Parlare di "Underground" del serbo Kusturica è un'impresa pressocché difficile: è un film immenso. Quasi tre ore di durata a coronare la storia rimossa di un paese senza più storia, dove si mescolano registri, personaggi, immaginari..

Un'opera, premiata con la palma d'oro al festival di Cannes 1995, insieme tragica e coloratissima dove Kusturica ha il tocco della leggerezza: come pochi altri riesce a raccontare l'orrore della guerra e il dramma della morte con eccezionali cadenze da commedia (sì, in alcuni punti fa pure sorridere e ridere) e anche dove si rischia il pianto (nel finale), "Underground" nega ogni pietà e compassione inquadrando i suoi personaggi con impeto quasi surrealista.

Regia, scrittura e fotografia sono da manuale: terribilmente evocative e artistiche (qualcuno, all'epoca, scrisse che la scelta delle luci sarebbe potuta essere benissimo di Francis Bacon), ma incredibilmente funzionali alla storia da raccontare, incredibilmente senza troppi fronzoli. Persino le tre ore (che scorrono tutte d'un fiato: impossibile annoiarsi, a meno che non lo si guardi distrattamente) sono necessarie per mostrare, conoscere e amare questa comédie humaine.

Mentre sullo sfondo una guerra invisibile (la Seconda Guerra Mondiale) distrugge case, corpi e ricordi, i personaggi (sopra le righe, ma mai caricaturali) vivono, inconsapevolmente sfruttati, in un infernale limbo dove si sentono contemporaneamente a casa e a disagio.  Vivono in un bunker sotterraneo fino al 1961, fino a che, nel 1992 non subiscono una nuova battaglia. Alcuni nascono, altri muoiono. Ci si ama, ci si odia, ci si tradisce, ci si sposa, si fa festa, ci si ubriaca...

Il paradossale e coinvolgente percorso di queste anime è cadenzato da un'allegra colonna sonora gitana (sempre diegetica, come Kusturica insegna) e, man mano che scorrono i minuti, dalla sensazione di "visione grottesca", si passa ben presto ad un'insostenibile umanità.

Impossibile non citare almeno un paio di scene da manuale: la più bella, a mio parere, è quella dello straordinario matrimonio con "sposa volante"; ma ci sono anche il ballo sfrenato e sensuale di Natalia sul cannone irrimediabilmente fallico, l'incontro degli amanti morti sott'acqua, il bellissimo finale con vite alla deriva, la sedia a rotelle in fiamme che corre in senso circolare... e non sono finite.

Ogni scena gronda di poesia, sussurrata disperazione, gioia, fuorore, persino tenerezza. Fa sospirare, sconvolge e coinvolge con una leggerezza che non tutti possiedono. Nonostante il sentore surreale e grottesco, non rischia mai la parodia: è sempre equilibrato, ma al contempo violentemente espressivo.

E al di là della riflessione su una Jugoslavia che non c'è, sul regime e sulla politica, c'è anche un insegnamento -forse pessimista, forse no- umano: "La vita è una guerra. Se non si combatte non si vive, se invece si combatte si muore."

Opera cruciale, immancabile nella filmografia di un cinefilo che si rispetti. Un film d'autore, certo,  ma fruibile e apprezzabile da tutti: rimane impresso e invoglia una seconda visione.

E io mi chiedo perchè, nonostante lo volessi vedere da tempo, mi sono deciso soltanto ora.

Piccola curiosità finale: il figlio che, uscendo dal sottosuolo per la prima volta nella sua vita e scopre il mondo, è interpretato dal pornoattore di "A Serbian FIlm". E con questo, passo e chiudo.

Vedetelo, perdio!

Carico i commenti... con calma