Se nel 2018 non hai ancora capito l'importanza di Sfera Ebbasta, evidentemente ti stai sforzando di non coglierla. Attenzione: i concetti di buona e brutta musica sono abbastanza astrusi, e a me non importa di convincervi che “la trap è meglio del classic-rock", o altre minchiate che mettete in bocca a qualsiasi recensore non sia un ottuso purista; semplicemente, dovete, se siete persone oneste, riconoscere la portata clamorosa del fenomeno Sfera, fenomeno che non può essersi fatto da solo, da un momento all’altro. La contemporaneità dei giovani non è tanto Salvini; la contemporaneità sono i giovani che se ne sbattono il cazzo di Salvini ché-tanto-va-bene-lo-stesso-della-politica-non-me-ne-frega-nulla e il sabato vanno nel club ad ascoltare la trap. Sfera vive la contemporaneità, la intercetta, la crea, e la mette in musica; l’immagine carismatica e il talento melodico superiore alla media fanno il resto.

Sono anni che Emis Killa si vanta di essere il migliore rapper d’Italia, pur non essendolo mai stato. Capirete la sorpresa nel dover riconoscere che il suo nuovo disco, intitolato “Supereroe” (triplo “sigh”), incredibilmente non si allinea alla qualità pacco dei dischi che scrisse in gioventù. Anzi, è anche gradevole, sposa un pop-rap sentimentale fatto discretamente e ce lo propina più o meno per tutto la durata del disco. “Rollercoaster”, ad esempio, è un singolo notevole, melodicamente e liricamente ispirato.

Eppure, ancora una volta, Killa dimostra di non saper cogliere niente di quello che ci gira attorno, parlando un linguaggio totalmente anacronistico. Innanzitutto, si comporta a metà tra il trapper modaiolo (ruolo che non gli appartiene) e il papà saggio di tutti i nuovi rapper, quello che può ancora permettersi di buttare nei suoi testi una marea di parole facendo finta che non ci troviamo nel 2018. Oltre a non sapere da che parte stare, poi, Emis fa "troppo bene" il pop-rap, ad un livello tanto meticoloso da risultare esibizionista e stucchevole, e “troppo male” la trap, perché alla fine non ha lo stile necessario per farlo. Chi avrebbe lo stile per farlo è Capo Plaza, che tuttavia in “Cocaina” centra il verso più raccapricciante della storia (“tu sei babbo babbo mica Totò Riina”), riuscendo nell'impossibile risultato di far turbinare il cazzo all’ascoltatore pure in un pezzo trap. Emis Killa sbaglia pure i featuring, quindi, chiamando due inguaribili (per quanto bravi) logorroici come Vegas Jones e Gemitaiz in “Claro” (ma che palle la terza strofa nel rap) e 6ix9ine in "Dope 2”, come se bastasse buttarci dentro a cazzo un rapper cattivo americano per far sì che il tuo sia "un disco internazionale”.

Emis, sei un buon scrittore di filastrocche, in questo album hai dato mostra di essere un discreto autore pop, ma il gioco del rap non fa più per te. Parlate linguaggi diversi, seguite regole diverse. Avete occhi e orecchie inconciliabili. Citi “Gomorra” che è dèmodè dal 2015, fai le punchline con la cocaina come se tu avessi ancora vent’anni e fuori dalla finestra fosse ancora il 2010 (ma hai mai sentito parlarle dell’allarme Xanax?), paragoni le radio che non ti passano a Donald Trump, senza interrogarti a fondo sul perchè non ti passino. Tu sei bravino, ma per piacere ai ragazzi a cui vorresti arrivare, oggi, ci vogliono alcune cose che tu non hai e non riesci ad avere. A partire dall’età, quella necessaria per capire certa musica e saperla genuinamente riproporre.

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