Allora: la recensione per questo disco non può che essere brevissima e non me ne vogliate. Enrico Pieranunzi, proclamato l'anno scorso (2005) miglior jazzista europeo, è una delle personalità jazzistiche piu' versatili, preparate ed al tempo stesso musicali che ci siano sull'intera "third rock from the sun". Ha suonato in vita sua, e suona tuttora, con il meglio del meglio, mantenendo comunque un'attitudine di persona tranquilla e ben addentro alla vita ed ai problemi di tutti noi. Per il suo personale omaggio al grande Morricone, ha scelto temi presi dalle sue tante colonne sonore, introducendo una sua composizione: 1. Addio Fratello Crudele 2. Mio Caro Dr. Grasler 3. La Voglia Matta 4. Just Beyond The Horizon (Pieranunzi) 5. Incontro 6. Jona Che Visse Nella Balena 7. Le Mani Sporche 8. Correva L'anno Di Grazia 1870 9. Escalation 10. Stanno Tutti Bene 11. Quando le donne avevano la coda.

Lo accompagnano Marc Johnson (e ti pareva!) e Joey Baron. Va detto che se c'e' un pianista degno di essere stimato a livello di Evans, Jarrett (e non nomino altri perché francamente li penso tutti un pelino sotto) è proprio il nostro Enrico. L'influenza sia classica (ha insegnato una vita al conservatorio) che Evansiana sul fraseggio e la disposizione delle note nell'accordo sono evidentissime, così come, però, un senso del ritmo e dello swing (mano sinistra assolutamente eclettico-tristaniana) mutuate da altre fonti ed altri studi-riferimenti: Powell? Tatum? Boh? Ma a questo punto dello sviluppo e della sua carriera è impossibile definire e comunque perfettamente inutile. Personalissimo da sempre. Basti dire che questo disco rappresenta (mia modestissima opinione) un punto d'arrivo probabilmente inimmaginabile per altri presunti talenti nascenti. Ne hai da magnà pagnotte!!! Ennio Morricone, chiamato a dare il suo placet e a scrivere poi due note sul retro di cover, ha solo parole d'elogio e sorpresa (e come potrebbe altrimenti?). Sono "forzate" dai discografici? E pensate che Morricone sia uno facile da "corrompere"? Probabilmente non avrebbe accettato di scrivere, piuttosto! Quindi un altro recensore a favore.

Marc Johnson e Joey Baron lavorano alla pari, contribuendo di fatto a creare un piccolo gioiello destinato a girare a lungo nel lettore. Johnson è crativo, in forma e puntuale; la sua cavata è inconfondibile. Baron è batterista molto energico ma capace di dinamiche ampie, necessarie per stare appresso a due mostri del genere. Un togliersi il cappello è d'obbligo, davanti ad un trio simile. Esiste anche il capitolo due. Purtroppo mi manca. Dannazione...

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