La purezza delle acque cristalline dell'Hardangerfjord, le levigate pareti rocciose, le brume levantisi da boschi solitari, la gelida brezza delle alture, il morboso abbraccio dei ghiacciai eterni. Tutto cio' viene rabbiosamente urlato da questa gemma di suoni catartici e poesia scaldica.
La summa del viking-metal, il perfetto abbinamento tra la furia metallica e le cascate poetiche del folk norvegese. "Vikingligr veldi"!

Grutle, Ivar e Trym realizzarono il loro primo album nel 1993-94 per la Deathlike Silence ridisegnando i patterns del black norvegese, introducendo partiture originalissim che stupirono gli addetti ai lavori del tempo, in particolar modo considerando la loro eta'media(17 anni!). Sei inni al passato della Norvegia, alla mitologia, alle magiche atmosfere della contea dell'Hordaland le cui atmosfere epiche, selvagge, nebbiose vengono celebrate con fasto e smisurata potenza. Il pezzo "Lifandi lif undir hamri" libera una furia inaudita, accompagnata da riffs di keys celebrative. Basso in evidenza (una vera sorpresa i tecnicismi di Grutle), grida di guerrieri con occhi iniettati di sangue sono gli shrieks del singer. un icedere tonante scandito da un drumming imperioso. "Vetranott" è black metal furente, sinistro. Sbriciola i padiglioni auricolari, trascina con i suoi riffs crepuscolari, lascia attoniti e spaventati mentre "Heimdallr" celebra il guardiano di Bifrost con lunghe cavalcate abbinate a stacchi acustici d'effetto. Lacerante il chorus dove il latrato del cantante esplode in un energia bellicosa. brividi dal richiamo ancestrale, ferite di un passato mai domo, il lamento di una contea dalle tradizioni violentate. "Midgards Eldar", molto epica, si caratterizza per ritmi leggermente più blandi per poi esplodere in un effluvio di note ferali. le chitarre urtano, feriscono spietate mentre la batteria del talentuoso Trym (uno dei migliori in circolazione da sempre) è un rullo continuo di toms arrembanti. Chiude il nazional-romanticismo di "Norvegr", una strumentale dove tutti gli elementi finora citati confluiscono in un effluvio di armonie suadenti e selvagge. Dominata dai mid-tempos lascia intravvedere folkeggianti linee di basso e roboanti riffs che scendono come colate laviche di tetra malinconia. La potenza il touch nostalgico rimandano agli gloriosi dei Bathory anche per via dell'utilizzo di chitarre classiche e synths d'effetto.

Questo disco incarna il paganesimo in musica e lo fa senza risultare mai pacchiano o ridondante. Fu uno dei primi del genere e in pochissimi riuscirono ad eguagliarlo. Ottima anche la produzione dei Grieghallen di Bergen, sorprendentemente pulita ma non priva dell'attitudine "garage" del black. Magistrale.

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