Mi sono imbattuto in questo autore quasi per caso, spulciando tra gli scaffali per tentare di lenire la fame di libri che quella sera, me lo ricordo bene, mi attanagliava lo stomaco come edera rampicante sul muro; ed ora, dopo aver digerito la sua opera più importante e che a detta di molti non è nemmeno la migliore, sono felice. Impaziente, mi sfrego le mani proprio nello stesso modo in cui lo farebbe un boss della BP al quale è stata appena notificata la scoperta di un nuovo giacimento di petrolio in pacifiche acque internazionali. Perché è ormai certo che nei prossimi mesi i miei occhi trivelleranno senza pietà la ricca bibliografia di Erskine Caldwell: la sua scrittura, infatti, si confà proprio ai miei gusti per quel suo saper essere asciutta, scevra del minimo barlume di retorica, incisiva, scorrevole ed appagante a tal punto da meritare più letture in rapida successione. 

Ai bei tempi si coltivava la terra e non si poteva chiedere di meglio che un po’ di semente, una montagna di guano da spargere faticosamente sotto il sole e la clemenza del clima. Quei possedimenti di famiglia, un tempo sconfinati, come acqua in una vasca al quale si toglie il tappo e ora Jeeter, ad appena due generazioni di distanza, sta terminando la sua vita senza avere nulla in mano all’infuori di un vecchio copertone irrimediabilmente consumato. Il mondo rurale è cambiato per sempre, ma non vuole prenderne atto. Se ne fotte altamente del fatto che l’industria abbia svuotato le campagne, che non sia più redditizio coltivare la terra nel vecchio modo, che i creditori ai quali poter chiedere finanziamento per il raccolto siano andati in città e non torneranno più.

Il primo impatto è malinconico: si prova quasi compassione nell’accurata descrizione di questa famiglia disastrata incapace di stare al passo con i tempi e che pare essere condannata a morire di fame mentre prega per chiedere l‘assoluzione dei propri peccati. Ma quella patina iniziale scompare in un lampo e ben presto emerge un branco di iene, guidata da un capo padrone che vive nella completa accidia procrastinando all‘infinito ogni decisione. Domani, domani, sempre domani e quel campo sono sette anni che brucia e non viene mai arato. Jeeter è talmente pigro che se cade, porca puttana, se ne sta per terra per un'ora prima di alzarsi controvoglia una volta accertato il fatto che Dio, nemmeno questa volta, lo tirerà su; aspetta che il mondo torni indietro e nell’attesa vive di sotterfugi rubando senza ritegno alcuno al prossimo, vendendo le figlie undicenni al miglior offerente.

Ma le parolacce, la violenza, il sesso marcio e l’egoismo animalesco spropositato di ogni personaggio sono ben poca cosa rispetto all’indifferenza glaciale che pervade ogni singolo evento catastrofico che si abbatte sulla famiglia Lester (cfr. descrizione della figura della nonna). L’accettazione passiva, quell’aggrapparsi flebilmente ad un Dio e alle illusioni di un futuro impossibile chiedendo redenzione bestemmiando, ha quasi il sapore del tragi-comico nella sublime trasposizione di Caldwell. Perché anche quei piccoli barlumi di speranza che si ritrovano nel romanzo si sporcano irrimediabilmente di polvere e guano proprio come la carrozzeria dell‘auto nuova. Perché i Lester hanno davvero la capacità di trasformare tutto in merda e sofferenza; e non è frutto della maledizione di uno stregone, ma una capacità acquisita lentamente, come il sapiente mestiere di un artigiano, perché per essere così bastardi, infimi e ripugnanti ci vuole un allenamento severo e costante.

Non si stenta a credere che Caldwell abbia fatto incazzare un bel po’ di persone nel Sud degli Stati Uniti: libri come questo, con una scrittura della consistenza della carta vetrata quanto a realismo, ha fotografato la faccia peggiore del Sud ai tempi del primo dopoguerra: ignorante e povero capace di disumanizzare le esistenze di chissà quanti famiglie Lester.

E se tra qualche mese potrai dire che queste righe ti hanno spronato per scoprire un ottimo autore, non ringraziarmi con degli inutili pallini, che sai quanto me ne fotte! Spendi invece un’ora per pigiare i tasti e farmi scoprire un bel libro sconosciuto. Te ne sarò grato. 

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