Novembre non è che sia proprio sto gran mese: comincia con la festa di Ognissanti e la decurtazione di un'ora di sole. Un uno due, stomaco-mento, che ti dà il benvenuto mentre con un filo bile ed un incisivo in mano, cerchi di biascicare "fanculo, non ero ancora pronto!". Certo ci sono i magici colori dell'autunno e vattelapesca, ma solo quando le giornate uggiose con nuvole pregne di pioggia danno un minimo di tregua, tra una perturbazione e l'altra. L'aria da fresca diventa fredda e forse sarà per l'abbassamento delle temperature, la lontananza delle ferie di fine anno, il fatto che le località turistiche si svuotino completamente prima dell'arrivo delle luminarie con il loro roboante carico di false speranze. Credo sia l'insieme di tutte queste cose che renda la gente più irascibile, lunatica e stronza. Novembre poi, e qui la chiudo, è il mese in cui spesso le fidanzate/amanti/mogli hanno quasi sempre mal di testa.
Che genere canta Esther Phillips? Direi soul ma sicuramente non solo. E allora, cari de-utenti, avete presente il rumore del burro che sfrigola su una padella? Mi ritrovo come il Drugo de "Il Grande Lebowski" sdraiato sul tappeto, in estasi, mentre mi lascio cullare da queste melodie morbide, tiepide e accomodanti come una coperta in una fredda ed uggiosa giornata. La negatività, lo stress accumulato nei pesanti giorni di ufficio scivola via nel modo inverso in cui entra nelle mie orecchie "From A Whisper To A Scream". I ritmi poco sostenuti, gli arrangiamenti equilibrati e mai troppo pesanti fanno da cornice alla voce nera, sugosa, passionale di Esther Phillips. Ascolto la delicatissima, almeno nella parte iniziale, "Baby, I'm For Real" e mi pare che lei stia facendo l'amore. Diventa naturale voler chiudere gli occhi e sentirsi bene, lontano un paio di galassie da quelle teste di cazzo che ti frantumano con costanza gli zebedei al lavoro, a casa. Ovunque. Le canzoni che si susseguono prendono la forma di un bel paio di curve sulle quali vorresti dormire dopo averci dato dentro tutta la notte. Se volete provare a conquistare una ragazza, proprio quella che state tampinando da tempo senza grossi risultati, portatevela a casa e mettete nello stereo questo cd. Se quel frigido, altezzoso cubetto di ghiaccio non si scioglierà come cioccolato a bagnomaria, levatevela dalla testa perché non ci concluderete mai niente, poteste vivere anche centocinquanta anni.
Il disco ha dei picchi come l'omonima traccia che dà il nome al disco caratterizzato da un crescendo di classe con ottoni, chitarre ed una vivace sezione ritmica per un pezzo potente e melodico di raro impatto. La mia preferita "To Lay Down, Beside You" è una scossa tra le scapole della durata di quattro minuti grazie ad un arrangiamento minimale che esalta l'ugola di questa artista: ogni volta che l'ascolto mi sembra di essere un pezzo di argilla calda pronto per essere manipolato, impotente come un naufrago perso tra le onde del mare. Non è mia intenzione continuare oltre nella descrizione: vi basti sapere che le tredici tracce del disco omogenee, e per nulla ripetitive, assicurano al lavoro nel complesso un livello molto alto, immune ai ripetuti ascolti. Lo testimonia il fatto che sia in rotazione continua nel mio stereo da oltre quattro mesi. Mi auguro che questo scritto possa spingervi a fare la conoscenza nel prossimo futuro di un disco a caso di Esther Phillips.
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