1981: finiti in (poca) gloria i ruggenti seventies con il non eccelso 'Roccando Rollando', l'Eugenio nazionale capisce che i tempi stanno cambiando e si rimette in gioco. Al contrario di molti arrabbiati non si placa, al contrario pubblica il suo lavoro più duro e incazzoso, il misconosciuto e omonimo album oggetto di cotanta recensione. In copertina il suo volto si trasfigura nell'immagine di una chitarra elettrica ed è proprio questo lo strumento principe del disco. Quello che era stato (a torto o a ragione) il più famoso dei nostri 'cantautori rock, (lo so, è una definizione orrenda) si trasforma in un rocker al 99% iniziando con l'abbandonare la scrittura solitaria dei testi (pratica nella quale si era espresso quasi sempre a livelli dignitosi ma nulla più) e si concentra sulla parte musicale e interpretativa sfornando una serie di pezzi di ottimo livello. A collaborare ai testi Valerio negrini, paroliere ufficiale dei Pooh (non ridete) che qui sfoga tutta la sua rabbia per la quantità di puttanate che gli è toccato scrivere in carriera.

Unica canzone dell'album sopravvissuta è la mielosa (ma ben fatta, intendiamoci) 'Patrizia' che è anche l'unica traccia fuoi dal coro. In tutte le altre sia le sonorità che gli argomenti trattati sono decisamente più incisivi. Apre l'album la cattivissima 'Trappoole' dove si narra di dis/avventure notturne di una giovane 'sbandata' e si prosegue con 'Mayday' dove i giovani protagonisti "si preparano per la guerra / con un soffio  di polverina" non sono altro che "branchi di giovani topi/ dal ventre della città / truccati in faccia da giovani lupi / caccian qua e là". Ma il meglio deve ancora venire: il reggae di 'Valeria come stai' (con Lucio Dalla ai fiati) sublime dichiarazione di non/amore (il testo piacerebbe parecchio al Dente di L'amore non è Bello) interpretata magistralmente; il roccaccio di 'F104' dal testo banalotto ma esplicito contro "gli quali/ che vengon su/ sempre di più" per i quali ci vorrebbe l'areoplano del titolo e una bella mitragliata di precisione e 'Piccola Stupida', che riprende le tematiche di 'Valeria come stai' regalandoci una decisa rivendicazione di libertà: "quando mi hai lasciato/ credevo di essere fregato/ e invece adesso sto da dio/ e tu ridevi e io piangevo/ e invece adesso rido io!"

In chiusura dell'album tre pezzi uniti da diversi tratti in comune: 'Prima della Guerra' è l'urlo desolato di un sopravvissuto che ricorda le meraviglie tecnologiche del 'prima' e il dittico 'Oltre gli anelli di Saturno' e 'Le stelle stanno ad aspettare' che invitano (ribaltando la tematica della famosa - e pallosa - Extraterrestre) alla fuga verso lo spazio, i nuovi mondi, le stelle che ci aspettano 'sulle rive di un nuovo mare'.

Perchè:

"La mia razza

precisa ed incosciente

con la giusta energia

può ancora essere vincente.

Siamo solo il satellite

la stella adolescente

ma la strada dello spazio

è una rete trasparente".

Il miglior disco di Finardi. 

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