Gli storici svedesi di Stoccolma ritornano sulle scene dopo un lungo silenzio durato la bellezza di tredici anni, avendoci lasciato con quel capolavoro A.O.R. dei nineties al nome di "Prisoners In Pradise" del 1991.

Invece di proseguire sulla linea pomp-rock eighties flavoured, i cinque scandinavi stravolgono completamente il sound che li rese famosi in favore di un approccio molto piú ruvido, vicino a sonoritá reminiscenti un hard-metal piuttosto moderno. Il risultato finale conferisce alla band un'attutudine "heavy" che spiazza e sorprende piacevolmente, confermando ai piú che le radici del celebre quintetto affondano in generi musicali assai differenti da quanto proposto nei comunque seminali "The Final Countdown" e "Out Of This World". La partenza affidata a "Got To Have Faith" lascia immediatamente fluire un suono aggressivo, sporco a tratti, dominato da un riffing serratissimo condito da un solo al fulmicotone, mentre l'apporto ritmico del duo Levén-Haugland imprime potenza e precisione. E Joey Tempest? Proprio qui si capisce che tipo di singer ci troviamo di fronte! Abbandonati i gorgheggi hard-rockeggianti del passato il capelluto cantante rivela un talento istrionico invidiabile, abile nel cimentarsi in un modernismo canoro diametralmente opposto rispetto ai fasti glam degli anni ottanta.

Malinconia e pesantezza ci accompagnano in "Start From The dark" dalle ritmiche piú lente rispetto all'opener. Anche qui Tempest unisce strofe rabbiose con ritornelli carichi di nostalgica melodia, seguito da un Norum ispiratissimo nel rifferama ed essenziala nei solos. Nel susseguirsi delle tracks si passa da ballads dolciastre dal livello emotivo invidiabile come "My Hero" e "Roll With You", a brani aggressivi ed incalzanti come "Flames", "Song Nr. 12" e "Spirit Of The Underdog". Infatti il nuovo spirito del combo viene incarnato dalla fusione tra le atmsofere melodic-rock degli arcinoti lavori precedenti ed un'attitudine groove dal lavoro chitarrstico pressante, incisivo, instancabilmente proteso tra riffs quasi Sabbathiani ed assoli brillanti e mai scontati. Il finale affidato al duo "My America"-"Settle For Love" non fa che confermare la sopracitata teoria nel miscelare sapientemente stili differenti. La prima é, infatti, anthemica, rabbiosa, costruita attorno a muri di chitarre metalliche ed adornata da un bridge "strillato" di grande efficacia ove John e Joey lasciano trapelare la loro relazione musicale infuocata degna della memorabile "Scream Of Anger" dall'epico "Wings Of Tomorrow". La seconda si rivela invece pura delicatezza ed eleganza trasposte in musica. Soffusa ballata acustica mette in luce il genuino talento del cantante, prendendoci dolcemente per mano e portandoci verso sonoritá vicine al solo album "A Place To Call Home" tra armonie sognanti ed una calda interpretazione vocale. Davvero raffinata.

Il ritorno degli Europe rappresenta un capitolo importante nella storia recente dell'hard-rock continentale e non ma, soprattutto, ci regala artisti improntati verso un'attitudine moderna e vogliosa di cimentarsi nel panorama musicale odierno. Consci del glorioso passato i cinque svedesi hanno saputo estrapolarne le peculiaritá riproponendole in una versione differente, strizzando l'occhio ai tempi attuali e, di conseguenza, non risultando pacchiani o commerciali alla stegua dei ridicoli Motley Crue e compagnia.

Un lavoro coerente e professionale che non mancherá di emozionare fans di vecchia data e newcomers interessati a proposte originali. Bentornati.

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