Dare seguito ad un sorprendente esordio è compito assai arduo per qualsiasi band. I debutti, nella maggior parte dei casi, contengono idee preliferate e messe a punto nei vari demo per mesi, probabilmente anni che raggiungono l'agognato traguardo della registrazione talvolta non senza notevoli sacrifici. Dopo di che in molti casi, come ad esempio Annihilator, Xentrix, Body Count ma anche numerosi altri, la dispensa inesorabilmente si svuota. Ad una prima opera lucente segue un bis più debole e un velo di frustazione assale i fan.

Checchè se ne pensi, non è questo il caso degli Exhorder. Alcuni thrashers hanno sempre preferito ''The Law'' a ''Slaughter In The Vatican'' con stimabile ragione: la sfrenata e sfrontata aggressività a 360° del primo viene smussata con tangibile parsimonia confezionando un prodotto che amo definire di ''Agitazione Organizzata''. Prendete, per capirci, il suono delle chitarre: il caratteristico e grezzo rifferama motosega è qui praticamente scomparso a favore di un abbondante uso di distorsioni alte delle amplificazioni che crea un effetto più graffiante e impenetrabile. Inoltre la voce di Kyle Thomas appare un filo meno derivativa, spesso alla ricerca di melodie più sofisticate (la titletrack rende pienamente l'idea), la batteria di Chris Nail è prepotente e mirabile nel suo squisito sapore jazz mentre il basso di Franky Sparcello, nell'unico pezzo da lui registrato ovvero ''Un-Born Again''(gli altri sono stati suonati in studio dai chitarristi Vinnie Labella e Jay Ceravolo), non lascia certo indifferenti grazie ad un selvaggio slapping di scuola funk, come non lascia imperturbabili neppure la ''gonfia'' e riuscita produzione.

''The Law'' è -ad ogni modo- album di bastardo Thrash come dimostrano la sanguigna ''I Am The Cross'',''Soul Search Me''(deliziosa la coda strumentale) e la già citata ''Un-Born Again'', ma, allo stesso tempo, uno dei più puri e sfavillanti esempi di Groove degli anni '90 per merito di canzoni quali ''Unforgiven'', la tetra e opprimente ''(Cadence Of)The Dirge'' o -ancora- la strumentale ''Incontinence''. Menzione a parte per la cover dei Sabbath ''Into The Void'' ottimamente eseguita, ben inserita nel contesto del platter e, se possibile, ancora più doomeggiante della versione originale.

Perduti nel diluvio mortale del Death floridiano e abbattutti dall'esplosione modaiola del Grunge di Seattle, gli Exhorder si sono bloccati alla stesura di questo album anche a causa di una vergognosa mancanza di riconoscimenti (chiedete a Phil Anselmo per delucidazioni) che ne ha minato il loro ego musicale e si sono sciolti poco dopo (giusto però ricordare una loro reunion datata 2008 tuttora vigente). Restano comunque -al di là di inventori di un genere- tra i pochissimi gruppi che non hanno offuscato la loro immagine di coerenza stilistica e la loro reputazione; forse è proprio questo il motivo che ha portato la critica e i fan a farne oggetto di tardiva e meritatissima riconsiderazione. Personalmente avrei preferito sentire in quegli anni un terzo e poi un quarto album degli Exhorder; lavori che avessero ulteriormente incorporato il loro sound con il Jazz, il Funk, lo Stoner magari pure il Doom, giusto per vedere cosa sarebbe successo. Giusto per sapere cosa sarebbe potuto cambiare.

 

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