Verso la metà degli anni settanta, Fabrizio De André si deve essere accorto di come la sua ineguagliabile musica necessitasse di una serie di cambiamenti, a cominciare da arrangiamenti adeguati che la rendessero maggiormente accessibile al pubblico, e questa è stata una delle infinite doti di Fabrizio, quella di saper riconoscere arrangiatori più abili di lui ed averli lasciati liberi di inventare nuove versioni. È per esempio il caso dei ragazzi della PFM che, sul finire dei '70, hanno dato vita con Fabrizio a uno dei più grandi binomi che la musica italiana ricordi, tanto è vero che gli arrangiamenti PFM hanno resistito nei concerti di Fabrizio fino all'ultimo tour del 1998. Da questo binomio sono stati tratti due album dal vivo. Il migliore è senz'altro il primo, di cui cercherò di fare una descrizione.

L'apertura è affidata a "Bocca di Rosa", con una lunga introduzione strumentale, poi segue "Andrea", scritta con Massimo Bubola, una canzone che parla di un ragazzo "diverso" e che proveniva da "Rimini", l'album dell'anno prima. "Giugno '73" è una splendida ballata autobiografica sulla separazione dalla prima moglie Puni, la madre di Cristiano De Andrè, che viene aperta da una fastastica introduzione di basso da parte di Patrick Dijvas. "Un giudice" è festaiola, con Flavio Premoli a farla dalla padrone alla fisarmonica (Flavio è stato uno di quei bambini prodigio che a 12 anni vinceva tutti i premi possibili, dice di lui Fabrizio), ci sono poi delle grandi versioni di "La guerra di Piero" e, soprattutto, de "Il pescatore" che viene letteralmente rivitalizzata dalla PFM. Forse l'unico momento evitabile dell'album (ma no, in fondo va bene anche quello) è "Zirichiltaggia", canzone in lingua gallurese, un litigio fra due pastori per questioni di eredità.
"Volta la carta" è dell'anno prima ed è un altro pezzo antimilitarista, mentre il brano che conclude l'album merita una riflessione a parte. Estate 1975, Fabrizio e Puni (la sua prima moglie) hanno appena acquistato la tenuta dell'Agnata, a Tempio Pausania. Una sera sono invitati entrambi a una festa a Santa Teresa di Gallura, in una villa di quei signori borghesotti che Fabrizio non amava particolarmente, comunque ci vanno lo stesso. Glia altri commensali si aspettano che Fabrizio canti, ma Fabrizio non ne ha voglia. Vorrebbe parlare, confrontare le sue opinioni su quello che in quel periodo stava succedendo in Italia (Paolo VI che aveva tirato fuori certe storie sul satanismo, terrorismo dilagante, ecc.) con quelle degli altri commensali, ma loro niente, cercano di rimettergli la chitarra in mano. Allora lui s'incazza di brutto, prende una sbronza colossale, manda tutti affanculo e se ne va da solo, lasciando la moglie alla festa. Quando la mattina dopo la moglie Puni lo trova completamente ubriaco nel garage della loro tenuta, Fabrizio aveva scritto il testo e la musica di "Amico fragile". Ovvio che la PFM ribalti anche questa canzone, nell'originale le fughe chitarristiche erano appena accennate e abortivano subito, qui invece la chitarra di Francone Mussida è uno dei punti di forza della canzone, oltreché dell'album intero.

Da questo disco la sua carriera subirà un totale rilanciamento in alto, anche se di lì a poco Fabrizio vivrà una delle più dure esperienze della sua vita: il rapimento.

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