Con Battisti il più grande di sempre in Italia. Opinione senza dubbio discutibile ma allo stesso tempo irremovibile. Almeno dalla mia testa.
Sono legato a De Andrè da motivi prescindibili dal puro campo musicale e la recensione che vi apprestate a leggere non è frutto di un giudizio puramente oggettivo.
Non resta che iniziare dunque.
Tale disco mi capitò tra le mani circa tre anni fa mentre rovistavo in soffitta. Dopo una rapida soffiata alla polvere sulla copertina non ero conscio che stavo per ascoltare un capolavoro che avrebbe segnato irrimediabilmente i miei gusti musicali.
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Le parole dei testi si compongono nella mia mente a formare un pensiero dai confini non espressamente delineati ma perfetti. Un poeta capace di fare della parola e del suono un’arte.
Dietro la sua musica c’è la voglia di raccontare storie di sognatori, amanti, uomini liberi. Favole di tutti i giorni, nate da un rapporto intimo con la vita stessa. Sono l’esperienza quotidiana e i rapporti umani a dettare le sfumature e gli accenti con cui animare tutto ciò.
La voce si eleva sempre a un piano di superiorità rispetto alla melodia. E l’accompagnamento strumentale non vorrebbe fare altro. Pochi accordi, arpeggi o note di un pianoforte nevrotico si amalgamano brillantemente con fruscii, rumori e silenzi cercati.
Se Iko pensa che Ziggy sia uno stato mentale, De Andrè e la sua musica costituiscono per me un criterio ancora più esteso e indefinito. Sono quei canoni in cui quel soggetto che anticonformisticamente tenta di allontanarsi dalla realtà può rispecchiarsi e abbandonarsi, con la certezza di non rimanere deluso. L’insieme di quelle leggi che permettono allo stesso tempo di comprendere la libertà e la superiorità dell’essere uomo e accettare con serenità la sua innegabile finitezza.
Anche se nella mia testa si sviluppano idee tali da poter scrivere pagine su pagine, un inspiegabile impulso proveniente dall’inconscio più profondo arresta queste dita.
Come vorrebbe Faber, a ciascuno la facoltà di scegliere: emozioni, pensieri, vita...
Elenco tracce testi e samples
09 La guerra di Piero (03:27)
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi
lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente
così dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve
fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita e ebbe in cambio una croce
ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera
E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore
Sparagli Piero, sparagli ora!
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue
e se gli spari in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore
e mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbracciata l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno
Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno
e mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole
dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
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