Pensavo di non aver mai provato nostalgia nel corso della mia vita, ma evidentemente mi sbagliavo. Pensavo anche he una canzone non avrebbe mai sortito lo stesso effetto di una perdita importante, ma erravo. Pensavo, infine, di non temere niente e nessuno, sbagliavo di nuovo.

Un album è la cornice o meglio lo sfondo di tutto questo: "Heralding - The Fireblade". Vratyas Vaykas è la sua mente, il suo creatore come pure rappresenta ciò per il nome della sua one-man band, i Falkenbach. Si tratta di un progetto interamente suo, seppure con qualche collaborazione ovvio, ma la visione e i sentimenti fanno parte del suo mondo.
Sinceramente mi ero avvicinato al cd con l'intenzione di ascoltare una musica ispirata ai famosi (e bravi, NDA) Finntroll, ma per la quarta e ultima volta sbagliavo. Sì, quello che fuoriesce dallo spirito di Vratyas è un Black/Folk Metal, ma  lontano anni luce da gruppi come quello citato sopra, anni luce. Le canzoni non sono tutte freschissime eppure così appaiono, in effetti due o tre di esse sono state riprese dal passato quando l'autore aveva deciso di non registrarle data la mancanza di una registrazione veramente pulita.

L'album si presenta quindi di pregevole fattura, anzi ottima e nonostante un'indurimento nel sound rispetto a lavori precedenti esso mantiene tutta la sua melodia e dolcezza, dovute anche all'uso di strumenti fra i più vari come il flauto, il violino e ovviamente una sapiente dose di tastiere. A rendere ancora più apprezzabile l'opera Vaykas aggiunge qualcosa di suo non solo spiritualmente, ma anche materialmente e questo qualcosa è la sua prestazione come vocalist: eccellente. Il cantato infatti varia dallo screaming black più puro e cattivo a parti pulite e cori evocativi, ma la tecnica di entrambi i momenti rimane di altissimo livello. Non si troveranno in questo cd sfuriate violente di gelido vento nordico, oppure tremende imprecazioni portate contro il cristianesimo
o inni a Satana, bensì invocazioni alla mitologia germanica e soprattutto immedesimazione in situazioni, sentimenti, riflessioni.

Ma perchè indugiare, le onde del mare non lo fanno mai ed infatti "Heathen Foray" non si fa attendere ed inizia proprio con la risacca del mare dalla quale sale, cresce un breve intro di tastiera e il cavallo parte. Un uomo su di esso cavalca verso la fine delle sue paure, dopo numerose vicissitudini, verso la serenità. Poche note ben assestate, una voce pulita e un flauto raccontano questo a chi ascolta. E si rischia di perdersi nella sua melodia, in un mondo che non appartiene
a nessuno, ma è privato. Eppure tutto svanisce e la parte Black dell'album mostra il suo capo con la seguente "Of Forest Unknown" dove la velocità aumenta, ma non scomodamente o in modo inappropriato, anzi, tutto ha una sua logica.
Vigono un legame ed un patto fra le canzoni. Ecco infatti che un nuovo capitolo lento e con voce semplicemente cantata compare: "Havamal" con il suo sapore epico che non va frainteso, bensì capito e assimilato. E non poteva mancare il sentore della battaglia, il riff iniziale di "Roman Land" preannuncia morte e pensieri oscuri. Si torna quindi ad un harsch voice crudele, una vera e prorpia celebrazione della morte con le armi in mano. Il pensiero viaggia, continua fra cime innevate ed un autunno pagano, l'"Heralder" cavalca con armi d'oro al fianco e un cavallo come solo amico.
Nostalgia e malinconia nel grigiore del cielo autunnale, terre lontane e un orizzonte distante attendono.

Un ultima lacrima scalfisce anche l'uomo più forte. "Laeknishendr" è una traccia interamente in antica lingua germanica, versi per invocare le scritture del Sigrdrífumál, ma se dalle parole non si capisce il significato è la musica che parla con un intermezzo di chitarra classica a interrompere l'inerzia di una veloce batteria, per poi farla ripartire e invece concludere sullo stile della precedente "Heralder", con nostalgia. "Walkiesjar" è la canzone "folk" che nonostante sia contornata dalle solite strutture black ora risalta maggiormente. La melodia di "Skirnir" regalala l'ultima illusione di melodia riprendendo la canzone iniziale come una struttura ad anello, ma è un'illusione breve. Lo scream subentra alla pulizia iniziale; però non finisce qui. Alternandosi come spazi fra le montagne i due tipi di cantato proseguono fino al termine della traccia. Corni da una posizione remota introducono la parola finale all'album "Gjallar". Una canzone interamente strumentale, onirica e malinconica, trascinante e allo stesso elaborata. Dai pochi riff che caratterizzavano le precedenti, "Gjallar" invece è costituita da numerosi passaggi diversi, ma carichi delle sensazioni sperimentate fin'ora, delle stesse
riflessioni semplici, ma non scontate. Le ultime note si infrangono contro le pareti delle cime bianche. Tutto ora tace.

Scoprire la fragilità della propria anima, non è facile da comprendere, nè da accettare. Con l'ascolto di questo lavoro pensieri e parole ricorrono in continuazione, ma ognuno possiede i suoi e solo quelli. "Heralding-The Fireblade" è un opera di Black Metal con tinte Folk, ma non per questo si allontana dallo stile predominante e le atmosfere non devono ingannare. Lasciarsi trasportare a volte non è una debolezza, ma un punto di forza per poter rimanere soli con se stessi. Falkenbach in questo ha centrato in pieno il suo obbiettivo.

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