Monumento del progressive metal, i Fates Warning sono tornati. Finalmente. Ben nove anni erano passati dall'ultimo vagito "FWX", prima di un silenzio interrotto soltanto da "Live In Athens" del 2005. Poi un periodo più o meno prolifico per i vari membri della band nei loro progetti paralleli. La mente va principalmente ad un'idea molto interessante del chitarrista Jim Matheos e dell'ex tastierista Kevin Moore, quegli OSI che hanno miscelato prog, metal ed elettronica per creare un mondo non ben identificabile. Momento di stanca quindi, fatto di poche notizie e nessuna certezza su cosa i Fates avrebbero fatto nel loro futuro. Poi l'annuncio di un nuovo lavoro che avrebbe visto la luce nell'autunno del 2013 e diverse novità nella line-up della band: fuori Mark Zonder alla batteria e dentro Bobby Jarzombek (Halford, Riot, Sebastian Bach) e dentro anche il chitarrista Frank Aresti (già membro dei FW) a far compagnia al caro vecchio Jim Matheos.

La band del Connecticut è stata una delle stelle di riferimento del panorama progressive metal dell'ultimo trentennio. Per molti ha codificato le coordinate del genere, quelle partiture complesse e magniloquenti che diventeranno il vanto dei Dream Theater. Da band capace di adattarsi ai cambiamenti, i Fates hanno percorso il loro cammino: dagli inizi epici con John Arch dietro il microfono, al periodo di prog "classico" (1988-94) per approdare su spiagge più intimiste e riflessive a partire da "A Pleasant Shade Of Gray", quello che viene quasi unanimamente considerato come il loro masterpiece.

Di fronte ad una carriera limpidissima, a lavori quasi sempre positivi, con veri e propri picchi e qualche calo, giudicare il nuovo parto di una tale realtà musicale non è un compito semplice, tanto più se si tiene conto del periodo di silenzio della band. Per questo e per la solita "calma" che serve per analizzare un'uscita progressive metal il consiglio è sempre lo stesso: ascoltare il cd più volte. "Darkness In A Different Light" non scappa e ci induce ad essere ascoltato più volte, per riassaporare tutte le varie sfumature di ogni singolo pezzo. Siamo di fronte ad un disco immediato, decisamente accessibile e "poco articolato" nonostante il genere proposto. D'altronde i Fates Warning non sono mai caduti in autoerotismi solistici che tanto contraddistinguono altri nomi della scena. Il nuovo lavoro non fa eccezione e ci presenta il solito prog d'impatto, basato sulla melodia, una malinconica vena di fondo e la straordinaria voce di Ray Alder, una vera e propria sicurezza.

La sensazione generale è che la produzione cristallina per quanto esalti i suoni, lasci anche una percezione di "plastica" che rende le composizioni molto più statiche di quanto lo siano realmente. Manierismo è il termine che più di tutti gli altri potrebbe spiegare questa impressione che purtroppo pervade l'intero cd. Si può sintetizzare in questo modo l'unico vero grande difetto di DIADL, altrimenti caratterizzato dalla solita maestria tecnica e compositiva di Matheos e soci. Le due chitarre dipingono e la voce di Alder rifinisce, donandoci fin dall'inizio brani intensi e ben riusciti quali "One Thousand Fires" e "Firefly", per continuare con uno dei migliori pezzi dell'album quale "I Am": canzone in crescendo perfettamente bilanciata, con un chorus che si lascia ascoltare e un buon lavoro del basso di Joey Vera. Interessante anche quell'atmosfera vagamente post-grunge che il pezzo sembra emanare. A conti fatti l'undicesima fatica della band è di stampo "muscolare", con i momenti riflessivi relegati ad un ruolo di secondo piano. Il primo è "Lighthouse", forse l'unico vero pezzo del disco che ha il fetore del filler. Una "acid ballad" che ha pochi spunti e scivola via senza lasciare traccia. Altro momento di riflessività è dato dal mutare perpetuo della suite finale "And Yet It Moves", con il suo acustico arpeggio iniziale che richiama i menestrelli medievali, prima di un nuovo rallentamento nella parte finale. Da notare come quando il songwriting si fa più complesso la firma è sempre quella di Matheos. Tra le note positive va citata anche "O Chloroform", una sorta di commistione tra metal e inaspettate aperture simil space/psych.

Indubbie capacità tecniche e compositive, attitudine al genere, idee chiare, ottima resa musicale. Tutto quello che si chiedeva ai Fates Warning è puntualmente presente nel nuovo lavoro. Qualche incertezza qua e là, la sensazione latente di un'opera troppo studiata e forse poco "emozionale", ma nel complesso "Darkness In A Different Light" è un signor album di ritorno di una realtà dall'indiscussa importanza nel panorama progressive metal.

Tre stelline e mezzo.

1. "One Thousand Fires" (7:20)
2. "Firefly" (4:57)
3. "Desire" (3:58)
4. "Falling" (1:35)
5. "I Am" (5:06)
6. "Lighthouse" (5:22)
7. "Into The Black" (5:07)
8. "Kneel And Obey" (5.05)
9. "O Chloroform" (4:14)
10. "And Yet It Moves" (14:05)

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