I Faun sono cinque cavalieri teutonici capaci di riportare alla luce una delle tradizioni musicali più oscure ed affascinanti della loro terra d'origine, ossia un folk tipicamente pagano/medievale che però viene spesso trasposto in chiave moderna attraverso evidenti influenze darkwave. Il quintetto ci ha lasciati l'anno scorso con "Totem", che dipinge nitidamente e senza imprecisione alcuna il ritratto di questa band nel suo picco di maturità artistica.

Aspettatevi dunque ciò che un'evoluzione deve, per forza di cose, far emergere dal talento di un artista (in questo caso, di artisti): la ricerca di nuove e curiose sonorità, la capacità di condensarle con il proprio passato e l'abilità di saper riprendere ciò che la rigida tradizione impone senza tuttavia fossilizzarvisi.

Ad aprire le danze sarà ad ogni modo un brano ("Rad") pulito ed immacolato, condotto da misteriose strofe che richiamano il crudo pallore di tempi misteriosi oramai andati perduti, ma che ora ritornano a vivere con la magia di oscuri arpeggi di chitarra e di agili volteggi melodici di un flauto. Peculiarità che salta subito all'orecchio è l'andamento sottilmente tribale/danzereccio al quale non è affatto semplice resistere.

Frutto di contenute ma intense sperimentazioni sono "2 Falken" e "Zeit Nach Dem Sturm", brani ben più "all'avanguardia" dato il considerevole impiego di un'elettronica velata e sognante; il primo brano si presenta più semplice, immediato ed orecchiabile grazie al suo ritornello fiorito e fiabesco dove la cantante (onestamente non ricordo se Sandra o Fiona) fa sfoggio della sua voce angelica rimanendo però su toni modesti e mai invadenti.

"Zeit Nach Dem Sturm" preferisce, per contro, coinvolgere più emotivamente l'ascoltatore con mulinelli di epica e mite nostalgia: accanto ai synth si accostano tipici strumenti a corde ed un formidabile duetto di Oliver Sa Tyr e la cantante; tra cascate di emozioni ed esplosioni di brividi lungo la schiena, i Faun dimostrano quanto sia importante ed efficace ampliare i propri orizzonti musicali (e, chissà, anche spirituali).

Decisamente "grezze" e consone alla tradizione del ramo folk medievale sono "Sieben", quasi una filastrocca grazie ai suoi fraseggi cadenzati e disarmanti, la più medievale "Tinta", in cui la cantante e gli strumenti si amalgamano alla perfezione in una scrosciante danza soave e leggera dal sapore fruttato e vivace, e infine la splendida e rigogliosa "KaRuna", praticamente irresistibile con un flauto e una cornamusa che deliziano le orecchie e sciolgono il marmo su note resinate narranti antiche memorie di leggende disperse tra le sabbie della storia e i venti del tempo.

"Totem" è un indimenticabile libro di racconti e di miti che rivivono nella musica dei Faun, i bardi della Germania per eccellenza che meritano applausi e lodi a non finire per aver scolpito e piallato un monumento del genere. Ora non posso fare altro che invitarvi all'ascolto e, se non vi dispiace, me ne ritorno beatamente a sognare tra le pagine di questo bel libro.

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