Ieri sera Rai Storia – canale verso cui la mia ammirazione cresce di pari passo con il mio interesse per il cinema – ha trasmesso in seconda serata Liberami di Federica di Giacomo. Oggi per la prima volta, dopo anni passati a chiudere furiosamente tutte le pagine di streaming che lo richiedessero, mi sono registrata sul portale di Rai Play per vederlo.

''Liberami'' è un documentario uscito nel 2016 vincitore della sezione Orizzonti alla 73ª Mostra del Cinema di Venezia. La liberazione richiamata dal titolo è quella dalla possessione demoniaca. Il film infatti segue una comunità siciliana capeggiata da Padre Cataldo, esorcista di fama nazionale, che è vessato dalle richieste di esorcismo di più persone, giovani e adulte, che si rivolgono a lui per essere aiutate a combattere il demonio. In particolare la camera segue, dentro e fuori la chiesa e le messe di liberazione, quattro persone; due donne, una ragazza e un ragazzo.

La prima e più importante singolarità del film è proprio il suo approccio documentaristico ad un argomento come quello degli esorcismi che generalmente viene trattato nell’ambito di film di genere o attraverso un’ottica più vicina all’ambiente ecclesiastico. Il tema è sicuramente difficile da affrontare da una prospettiva super partes, priva di connotazioni stilistiche, ma la Di Giacomo lo fa. L’esorcismo viene documentato come episodio quotidiano: padre Cataldo riceve decine di persone al giorno, e a volte le rimanda a casa perché non ha tempo di ascoltarle tutte. Le persone che si sottopongono all’esorcismo vengono immortalate nella quotidianità di questa pratica: non è un evento che le coglie di sorpresa, al contrario in molti casi sono da tempo nelle stesse condizioni. Hanno accettato la presenza del demonio dentro di loro e combattono per liberarsene. La regista non approfondisce però sulla contestualizzazione delle singole esperienze ma mostra solo spezzoni degli esorcismi e delle reazioni degli esorcizzati e di chi li accompagna. Sono brevi fotografie di una storia più complessa che rimane oscura allo spettatore.

Queste si inseriscono in un contesto comunitario: le messe di liberazione sono un evento corale, in cui tutti si prestano a rinnegare Satana e ad assistere a chi da Satana sembra essere veramente posseduto. Lamenti, gemiti, grida si alzano dalla folla: un urlo di dolore sommesso che poi si scatena ed è sovrastato dalla preghiera. I posseduti non si nascondono, come dice una di loro, perché vergognarsene? Meglio affrontare la situazione e non far vincere il male. Il prete è il primo ad imprimere a questi eventi un carattere comunitario, per poi ricevere i fedeli anche privatamente. E non solo. Gli esorcismi si svolgono anche al telefono per i demoni più irriducibili: il supporto spirituale del prete è alto, come probabilmente in una grande città sarebbe più difficile che accadesse.

Infatti ciò che più colpisce è la quotidianità dell’esorcismo. L'esorcismo perde la sua dimensione sacrale e oscura e ,al contrario, diventa parte integrante della vita di ogni giorno, così come lo è la malattia per chi la combatte quotidianamente. E nella quotidianità diventa più labile il confine fra sacro e profano, e la contaminazione fra le dimensioni fa scaturire un effetto sorprendente più che grottesco: perché quello che vediamo è una realtà, aliena e distante ai più, sotto una luce nuova, intima e popolare al tempo stesso. La voce del demonio durante l’esorcismo il padre l’aveva paragonata a una gatto selvatico, e la volta prima invece a che? – si chiedono una delle esorcizzate e sua sorella – A un mafioso. Ridono, e ridacchiano anche i preti davanti alla caparbietà del diavolaccio che non vuole proprio andarsene. Perché l’esorcismo, per loro, ormai è una cosa normale, come sa bene chi con le cure per una malattia ci convive.

Il rapporto con la fede delle persone prese in esame non è sempre uguale: c’è chi vede nella possessione il frutto di un adulterio e dei peccati dei genitori, associandoli ad un male che si è sedimentato nella famiglia, chi come l’unica spiegazione possibile in alternativa alla follia, chi non crede ma di fronte alla realtà oggettiva della malattia si è riavvicinato alla Chiesa. Nei frammenti di dialoghi emergono i più disparati elementi che lasciano aperte numerose possibilità di interpretazione di un fenomeno che si presta benissimo a tentativi di ricostruzione razionale.Come la guarigione, di chi alla fine viene liberato, ma non riesce comunque a prendere parte alla messa perché lì c’è qualcosa che ancora lo turba.

Lo sguardo della regia, negli ultimi minuti, si allarga fino a raggiungere Roma, dove si tiene uno dei seminari per preti esorcisti a cui prende parte Padre Cataldo: è la risposta della Chiesa alla crescente domanda, in Italia e nel mondo, di demoni da esorcizzare. In questo modo l’esperienza provinciale assume una dimensione di portata globale che la legittimizza come portavoce di una realtà più vasta ed eterogenea, che chiede sempre una sola cosa: essere liberati.

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