Film: "Diamanti sporchi di sangue"

Regia: "Fernando Di Leo"

Come molti di voi sapranno, da qualche anno é cresciuto un movimento di revisionismo del nostro Cinema "di genere" che tanto spopolava nelle sale Italiane tra gli anni '70 e '80: pellicole che spaziando dall'horror all'erotico, dal western al poliziesco, si sono delle volte trasformate in involtari esempi di trash-movie. Superfluo dire che la critica nostrana era feroce verso questo modo di far Cinema, non sempre in maniera giustificata e troppo spesso prevenuta ma, nonostante queste, il fenomeno seppe chiamare a se una folta schiera di pubblico.

Oggi questo fenomeno ha la forma di una lama a doppio taglio da una parte sta facendo riscoprire alcuni film che senza di esso sarebbero rimasti nel dimenticatoio o peggio denigrati a solo ruolo di "b-movie", dall'altra c'é il rischio di andare a rivalutare opere di scarso valore (cosa che in parte sta già accadendo).

Sorvolando su questioni puramente introduttive voglio ora parlare di uno dei registi più rinomati di quegli anni, per quanto riguarda al cinema "di genere": Fernando Di Leo.

Regista di origini pugliesi noto per aver sceneggiato da "negro" (ovvero che non accreditato ufficialmente) film del calibro di "Per un pugno di dollari" e "Per qualche dollaro in più" e in seguito anche ccelebre per le sue incursioni nel genere noir (guai a chiamarlo "polizziottesco"!) grazie ad una favolosa tripletta nota come "trilogia del milieu" a definire un genere in maniera personale, infondendo nelle sue opere una visione a volte più romantica, a volte più spietata di quella che era la criminalità in quegli anni e tra queste tre opere quella più riuscita e apprezzata é sicuramente "Milano calibro 9": primo capitolo di questa saga oggi considerato uno piccolo cult del noir italiano.

Per parlare invece del successivo "Diamanti sporchi di sangue" é doveroso citare l'opera più famosa di Di Leo per un motivo fondamentale: questa pellicola nasce per essere un remake di "MC9" e sin dalla sua uscita soffrì di questo confronto che non aiutò certo lo spettatore ad avere una visione lucida del suo valore.

Per chi conosce l'opera alla quale questo film si ispira, la trama, almeno nella parte iniziale, avrà il sapore di un deja vù: il protagonista Guido Mauri (Claudio Cassinelli) esce di galera dopo aver scontato cinque anni, durante i quali ha sempre sospettato di esser stato tradito dal suo ex boss Rizzo (interpretato da un convincente Martin Balsam), ad alimenatare le sue supposizioni si aggiungono una rapina ai danni del pulman nel quale viaggiava, azione terminata in tragedia per la quale i protagonista incolpa l'ex Boss e ancora la comparsa di un luogotenente di Rizzo, il prepotente e violento Tony, un'ottimo Pier Paolo Capponi di grande presenza che regalerà una delle sue interpretazioni più estrose.

Da quì in poi la storia si slega dall'opera originale, non solo per quanto riguarda la narrazione ma anche ribaltandone radicalmente la morale conferendo a questa un valore del tutto personale.

Se questo film viene preso come un remake del capolavoro di Di Leo si rimarrà certo delusi, anche gli elementi che rendono questa una pellicola piacevole, confrontati col predecessore lasciano un senso di pochezza ma questo é un errore perché come già detto questo film parte solo come un remake e muta costantemente aquisendo luce propria. Ciò che a prescindere viene bocciato é in primis la legnosissima interpretazione del protagonista Cassinelli, non solo per quanto riguarda la sua limitatissima espressività ma anche per la tonalità di voce fastidiosamente piatta (mi sarebbe piaciuto tanto che lo avessero doppiato), i fan noteranno una regia che, seppur efficace, é chiaramente più svogliata che agli esordi del regista, infine un budget evidentemente risicato. Tra gli aspetti positivi é doveroso segnalare l'ottima prova di Pier Paolo Capponi, strepitoso nell'interpretare il malvivente Tony che non fa rimpiangere troppo il ruolo precedentemente affidato ad Adorf, buona anche la presenza della meravigliosa Barbara Bouchet, già apparsa nel precedente capitolo, quì in un ruolo simile seppur più marginale che ancora ci ripropone il suo celebre balletto, per ultimo non dimentichiamo la colonna sonora a cura del grande Luis Bacalov che riesce a confezionare un motivo sufficientemente coinvolgente.

Confido che sono combattuto dall'esprimere un giudizio con valori numerici, assegno 3/5 ma mettendo in chiaro da subito che questo non é un prodotto per tutti, questo é Cinema ma fatto alla sua maniera (come dicevo ad inizio recensione), prodotto con pochi mezzi e col semplice scopo di fare intrattenimento, lo spettatore deve lasciarsi trascinare senza dare eccessivo peso a certi difetti e ad evidenti limiti di budget, se si supera questo ostacolo ci si può godere un prodotto piacevole.

Non tra gli apici del regista ma da rivalutare.

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