Da vecchio appassionato del country rock (più rock che country però… cioè alla larga da cappelloni da cow-boy, camicette di pizzo, voci chiocce femminili, stucchevoli sviolinate eccetera… insomma più California che Nashville), tengo al vertice della mia stima e dei miei ascolti di questo settore gli Eagles, i Poco, Dan Fogelberg, James Taylor ed infine i Firefall.

Eagles e Taylor li conoscono più o meno tutti, Poco e Dan Fogelberg molti di meno, questi Firefall invece quasi nessuno (in Italia eh): hanno cominciato a metà degli anni settanta ed ancor oggi tirano avanti, in formazione ampiamente rimaneggiata, dando concerti dalle loro parti. Specie ad inizio carriera hanno venduto milioni di dischi (ne hanno pubblicati otto in studio, l’ultimo nel 1994), pur restando un fenomeno sostanzialmente confinato agli Stati Uniti.

L’album in questione è proprio quello d’esordio, del 1976. Il ceppo originario della formazione, neanche a dirlo, è l’ennesima derivazione dagli storici gruppi degli anni sessanta che hanno dato vita a questo genere, cioè Flying Burrito Brothers e Byrds (assieme ai Buffalo Springfield). Dai primi provengono il cantante, chitarrista e compositore Rick Roberts e la chitarra solista Jock Bartley (i trascorsi di quest’ultimo in realtà sono più propriamente nel gruppo del fuoriuscito Gram Parsons), dai secondi il batterista Michael Clarke.

Al basso evoluisce il biondo ed eclettico Mark Andes, un tizio a cui è capitato in carriera di passare dal rock psichedelico degli anni sessanta (negli Spirit, insieme al mitico Randy California) al country rock dei Firefall per poi approdare felicemente, negli anni ottanta, allo smaccato e fortunato AOR degli Heart delle sorelle Wilson!

Il gruppo è completato dall’ottimo songwriter Larry Burnett, anche lui chitarrista e cantante. Come d’uso nei gruppi country rock, compongono un po’ tutti e cantano tutti, ma Roberts e Burnett hanno netta prevalenza, suddividendosi fifty-fifty la voce solista. Meglio il drogatone di talento Burnett, dei due: bella voce calda e potente, con la rotondità di un Glenn Frey ma anche un pizzico di soul alla Randy Meisner, tanto per tracciare un parallelo-sponda con gli Eagles. Le canzoni più belle sono le sue, ma ugualmente ben concepite e confezionate sono anche quelle del compare Roberts, dotato di un timbro vocale più vibrante e teso.

I cori sono quelli che ci si aspetta dal country rock ben fatto: brillanti e setosi. Bartley è poi un solista ficcante, con una bella pennata puntuta a cui viene giustamente concesso ampio spazio. Quando non è lui al proscenio, l’assolo diviene appannaggio del discreto sassofonista e armonicista, nonché ottimo flautista David Muse, qui inquadrato come ospite ma che poi entrerà in pianta stabile nel gruppo a partire dal successivo, secondo album.

Rifulge di splendore la perla del disco, sesta delle dieci in scaletta, a titolo “Cinderella”: intro atmosferica di chitarra acustica e flauto, pausa, riff squisito di armonica, ritmica dondolante ed evocativa, ampia ed emozionante melodia intessuta dalla ricca voce di Burnett, a cui si devono sia la musica che il testo visionario e malinconico. Roberts lo raggiunge alla seconda strofa e poi armonizzando il ponte, tutti gli altri arrivano poi per il ritornello, intanto che Bartley pizzica qui e là i suoi moderati contrappunti di elettrica: è country rock al meglio del meglio, eccelsa musica soft americana.

La canzone di maggior successo a suo tempo fu però un’altra e cioè “You Are The Woman”, terribilmente ruffiana nel testo a favore delle giovani ascoltatrici del tempo… in ogni caso abbellita da una gustosa performance al flauto, chissà magari proprio quella che permise all’ottimo Muse di trovare posto fisso in formazione.

Nella seconda metà degli anni settanta, con gli Eagles involuti in canzoni eccessivamente rimasticate e stucchevoli, i Poco in decadenza disillusi dal modesto successo raccolto, James Taylor virato decisamente sul pop più leggero, furono secondo me proprio i Firefall a tenere alta, ancora per qualche anno ed insieme al povero Dan Fogelberg, la oggi sbiadita bandiera del country rock.

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