I Föllakzoid sono un raro, forse unico su scala mondiale, esempio di rock ispirato allo space rock nello stile degli Hawkwind, e al krautrock dell'area NEU! o Can.
Dopo la dipartita di ¾ dei membri del progetto originario e dopo aver pubblicato diversi album, la formazione ha cambiato il proprio stile sonico mutandolo in un flusso unico, con beat che cavalcano e sbandano con effetto da capogiro, oltre a pattern che si ripetono e si rincorrono in circolo, e corde che sfrigolano e strisciano in innumerevoli direzioni.
Un rituale, anzi, più che un ascolto nel senso canonico del termine, peraltro altamente personale nello sviluppo, improntato a una psichedelia della frammentazione, sperimentazione e sopratutto, ripetizione.
Questo lavoro è diventato un progetto cileno di Domingæ, per un minimalismo techno-kraut dalle infinite possibilità.
La forma finale dell'album è stata confezionata da Atom TM, produttore tedesco e numero due del progetto che si è basato mixando sintetizzatori, chitarre, basso, batteria e tracce vocali.
Il numero cinque risulta simboleggiare la consapevolezza dell'esistenza di tutti gli album precedenti.
Il tutto vira decisamente su un minimalismo techno, con echi di chitarra chiaramente udibili e influenze rock. Rispetto all'album precedente, "V" è sicuramente meno minimalista e non dominato al 100% dal ritmo, sebbene questo è associato sia ai monotoni loop techno che al Krautrock motorik.
Questi due elementi giocano ancora un ruolo primario, seppur con pesi diversi dai precedenti.
L'album è composto da quattro lunghe canzoni e inizia con la più lunga opera di Föllakzoid fino ad oggi, V - I, lunga quasi diciotto minuti.
È come una versione motorizzata di Hallogallo dei NEU!, adattata ad un sound attuale, basata su motori ipnotici, integrata con inserti di chitarra e vari tipi di impulsi elettronici, glitch e rumori.
Le registrazioni successive suonano come diverse varianti della prima, che a sua volta ricorda l'album NEU! 2.
Quindi c'è una versione più compatta, intensa, perfino sonicamente aggressiva di "V - II", e una versione minimalista, atmosferica di "V - III", quasi ballabile nello strato ritmico, e una fredda e ostile V - IIII.
Questa soluzione funziona benissimo in questo caso, dando coerenza al tutto, enfatizzando l'atmosfera di trance, ma introducendo anche una certa varietà.
E tutto questo mix di techno e krautrock suona in modo molto naturale, il che non dovrebbe sorprendere: senza gli esperimenti dei gruppi tedeschi di cinquant'anni fa, l'elettronica di oggi probabilmente avrebbe una forma completamente diversa.
L'atmosfera, è tesa, popolata di personaggi futuristici inseriti in un ordinato delirio composto da una base ritmica in primo piano.
La sensazione imperante è che ogni canzone ci porta allo stesso effetto, con una sensazione del Dejavù con la stessa canzone che sembra ripetersi più e più volte.
Ci sono diverse introduzioni e alcuni campioni vocali per mixare le cose, ma sono brevi e hanno un effetto minimo.
Ma qui si cerca la qualità ipnotizzante della musica nonostante la mancanza di variazioni marcate.
E la musica scuote, vibrando forte.
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