Nostal’gija di Siberia, vento tepido sulle taighe a primavera. Siber, terra dormiente. Sogni di ricordi ingialliti di filatelici, francobolli e cartoline vergate in cirillico. Flauti infantili, vagheggiati e limpidi come ruscelli assonnacchiati.
Un bambino imbronciato, col suo cappottino da cosacco. Foto d’infanzia, ritratti controvoglia del musicista da moccioso. Egor Klochikhin — Foresteppe rifugge la parola, la via facile del racconto. E racconta storie mute, paesaggi di cartapesta.
Rifugi, tane di volpi bianche. Zone sicure della memoria.
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