Siamo nel 1989, il Banco dopo aver segnato indelebilmente la discografia italiana negli anni '70 è da tempo in crisi apparentemente irreversibile e alla ricerca di una nuova via convincente. Purtroppo gli anni '80 hanno registrato una netta svolta pop, inanellando una serie di 4 album senza storia ne gloria, in grado però di mantenere a galla il gruppo con facili sonorità, sul finire del decennio Di Giacomo e compagnia provano a muovere le acque con due mosse più o meno azzeccate: la prima è la ristampa di "Donna Plautilia" contenete le prime registrazioni del gruppo risalenti a ben ventanni prima: più una curiosità che una produzione in grado di risollevare le loro sorti (tiratura modestissima); la seconda è quella di ampliare lo spazio della sua punta di diamante (almeno in quel periodo) ovvero la voce unica di Francesco al quale s'intesta l'album dal titolo quanto mai bizzarro.

I brani sono scritti a quattro mani dallo stesso Di Giacomo e da Vittorio Nocenzi, la formazione difetta di Gianni Nocenzi sostituito egregiamente dalla sorella al pianoforte mentre alla chitarra è ancora presente Rodolfo Maltese in prossima uscita e già qui coadiuvato da Paolo Carta, completano il gruppo Ricco al basso e Calderoni alla batteria.

A dispetto della scarsa fiducia nell'opera persino da parte della casa discografica la Ricordi, che relega l'imprimatur all'effimera etichetta Iperspazio pur conservandone la distribuzione, il lavoro complessivamente è di buon livello pur nella connotazione spiccatamente pop, arricchito da ottimi arrangiamenti e per rendersene conto basta ascoltare "Sandali" e l'ottima introduzione di Giammarco al sax.

Da segnalare anche la partecipazione non incisiva di Sam Moore in "Non ci siamo" brano abbastanza anonimo e ripetitivo, Sam Moore che nell'occasione incide con Di Giacomo anche la pregevole versione (l'n-esima.....) di "Hey Joe!" che viene finalmente inserita nella ristampa del disco uscita alla fine dell'anno successivo ed ancora nell'ulteriore ristampa denominata: "Banco d'accusa" del 2004.

Fra gli altri brani segnalo l'intima "E domani", pezzo decisamente sostenuto dal nostro eroe, con l'ottimo accompagnamento di Letti, "Qualcosa che rimane" con l'interessante duetto Nocenzi-tastiere e Maltese-chitarra, la celebre e simpatica "Lilliput" sigla televisiva dell'omonima trasmissine di RAI 3 di qualche anno fa. Orecchiabile, ma decisamente scontato il brano d'apertura, mentre più apprezzabile ed impegnativa è "Cielo" dall'ottimo aplumb introduttivo, anche se un po' scolastico.

Per concludere segnalo l'eccellente resa timbrica della versione su CD, viceversa penalizzata e "chiusa" appare la versione su LP. Difficile il giudizio, in considerazione del background degli artisti, tre stelle mi appaiono insufficienti, ma 4 davvero troppe proprio per rispetto ai molti album precedenti di livello decisamente superiore, quindi arrotondo (a malincuore) per difetto.

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