Aldo Moro era già morto, e "Guerre stellari" era già un cult. Guccini era un professore sinistroide e pacioccone, i Nomadi erano un gruppo militante e amatissimo.

Il 1979, porterà al paese Italia qualche sorpresa e molte amarezze: Alan Sorrenti spopola con un tormentone lucroso e fine a sè stesso, "Tu sei l'unica donna per me"; De Gregori incide uno dei suoi album meno convincenti, "Viva l'Italia"; Renato Zero soffrendo intona "Il carrozzone", Venditti si autodistrugge una dignitosissima carriera cantautoriale; Celentano ci ricorda, un pò mestamente, che, in fondo, belli o brutti, siamo tutti, inesorabilmente, "Soli".

E all'estero non va certo meglio: Dylan si converte al cristianesimo (e incide l'astruso "Slow train coming"); Elton John pubblica il pessimo "Victim of love"; Stevie Wonder compone un doppio Cd per pubblicizzare un bislacco filmaccio documentaristico dedicato ai vegetali ("Journey/Trough the secret life of plants", ricordate ?); Paul MacCartney incide più per dovere che per reale voglia una serie di album disdicevoli e dozzinali.
Qua e là, quasi a mò di miraggio, esplodono, in maniera del tutto inaspettata, una serie di sorprese più o meno significative: "Album concerto" di Guccini e i Nomadi ne è l'esempio indiscutibilmente migliore.

Il professore e l'allievo (incarnato dall'indimenticabile Augusto Daolio) speculativi e complementari: Guccini canta (non benissimo, ma d'altronde, quando mai ha cantato benissimo?) mentre i Nomadi, grazie a moderni e strabilianti arrangiamenti, danno sale e pepe ad una serie di canzoni politiche e impegnate (si veda ad esempio la memorabile "L'atomica") e ridanno vita ad un artista, Guccini, che cominciava, ahimè, a dare segni di pesantezza e stanchezza (poi però verrà "Metropolis", e tutti saremo felicemente sconfessati).
Disco importantissimo, quasi imprescindibile, padre di tutti i live che, da Baglioni a De Andrè, infesteranno, in maniera esponenziale, gli scaffali e le bancarelle dei grandi, e affollatissimi, centro commerciali italiani (nel 1979 anche la Pfm si unisce a De Andrè per registrare un doppio album concerto: l'esito sarà lodevole, ma questo "Album concerto", seppur meno raffinato, appare più schietto e convincente).

Da Pavana a Modena, dalla via Emilia al West: Guccini e i Nomadi non si risparmiano nulla, nemmeno la retorica. Ogni tanto, spesso dopo l'esecuzione di un paio di canzoni, Guccini prende il microfono e comincia a monologare. Ai più risulterà insostenibile e persino poco divertente (e in effetti, di Guccini si può dire tutto tranne che sia divertente), ma quando la musica comincia a farsi sentire e Beppe Carletti comincia a smadonnare sulla tastiera del pianoforte, bhe, che dire, c'è poco da ridere, c'è solo da ascoltare.
Si comincia con "Canzone per un'amica" (e come altrimenti ?) e si continua con "Statale 17", l'apocalittica "Noi non ci saremo" (..."e il vento d'estate che viene dal mare / intonerà un canto fra mille rovine / fra le macerie delle città / fra case e palazzi che lento il tempo sgretolerà / fra macchine e strade, risorgerà il mondo nuovo / ma noi non ci saremo"), la censuratissima "Dio è morto". E anche la sottovalutatissima "Per fare un uomo" è, checchè se ne dica, un capolavoro.

Un discorso a parte merita la scabrosa "Auschwitz", racconto agghiacciante e sconvolgente di una vita (o meglio, di tante vite) divorate e perdute durante gli orrori della seconda guerra mondiale (celeberrimo il verso iniziale: "Son morto che ero bambino, passato per il camino e adesso, sono nel vento"). Guccini l'aveva già incisa nel suo primissimo album, "Folk beat n. 1", ma gli arrangiamenti di Beppe Carletti e gli intermezzi di Augusto Daolio sembrano conferirgli un tono epico e magniloquente, comunque sofferto e drammatico. Da (ri)ascoltare nel più religioso e tormentato silenzio.

Trattasi dunque, di album storico e epocale: non è un live degli Who o dei Deep Purple, ma, almeno in Italia, avercene di live così!

Elenco tracce testi e video

01   Canzone per un'amica (04:13)

02   Atomica (03:04)

03   Noi non ci saremo (03:27)

04   Per fare un uomo (02:26)

05   Primavera di Praga (04:25)

06   Dio è morto (02:32)

Ho visto
la gente della mia et� andare via
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano
nel mondo che hanno gi�,
dentro alle notti che dal vino son bagnate,
dentro alle stanze da pastiglie trasformate,
lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di citt�,
essere contro ad ingoiare la nostra stanca civilt�
e un Dio che � morto,
ai bordi delle strade Dio � morto,
nelle auto prese a rate Dio � morto,
nei miti dell' estate Dio � morto...

Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ci� che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell' eroe
perch� � venuto ormai il momento di negare
tutto ci� che � falsit�, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che � solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignit� fatta di vuoto,
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un Dio che � morto,
nei campi di sterminio Dio � morto,
coi miti della razza Dio � morto
con gli odi di partito Dio � morto...

Ma penso
che questa mia generazione � preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha gi� in mano,
a una rivolta senza armi,
perch� noi tutti ormai sappiamo
che se Dio muore � per tre giorni e poi risorge,
in ci� che noi crediamo Dio � risorto,
in ci� che noi vogliamo Dio � risorto,
nel mondo che faremo Dio � risorto...

07   Canzone del bambino nel vento (Auschwitz) (05:32)

09   Statale 17 (05:58)

Statale 17, il sole cade a picco,
tre giorni sulla strada, nessuno che mi carichi, nessuno che si fermi
mentre tu chissà se aspetti me,
mentre qui l'asfalto che si scioglie brucia i tacchi alle mie scarpe:
sono a terra, senza un soldo, chissà mai se arriverò da te...

Statale 17, com'è lunga da far tutta,
romba svelto l'autotreno, questo cielo ancor sereno sembra esplodere d'estate
mentre tu chissà se pensi a me,
mentre qui mi sento solo al mondo senza un cane che mi cerchi:
son sudato e sono sporco, chissà mai se arriverò da te...

Statale 17, sembri esplodere di sole,
Statale 17, alzo il dito inutilmente,
Statale 17, lungo nastro di catrame:
la gente bene dorme, sei deserta all'orizzonte
a quest'ora non c'è un cane che mi voglia prender su...

Statale 17, sei triste nella sera,
non alzo più la mano, cammino piano piano sulla strada ormai deserta
mentre tu chissà se aspetti ancora,
mentre qui la strada che si sperde sembra un letto di cemento:
sono mortalmente stanco chissà mai se arriverò da te...

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