1978.
Guccini ha alle sue spalle tre dischi fantastici: "Radici", "Stanze di vita quotidiana" e "Via Paolo Fabbri 43".
Con "Amerigo" non delude le aspettative producendo un disco di 6 pezzi alcuni dei quali sono diventati pezzi di storia in assoluto, su tutti "Eskimo".

Il modo di scrivere di Guccini è sempre lo stesso, quello che noi tutti conosciamo. Si passa quindi da "Amerigo", narrazione del personaggio a metà fra l'antico e il moderno, alla particolare "Libera nos domine", dal ritornello molto evocativo. Bellissima la più cantautorale di tutte "100, Pennsylvania Ave". Inutile soffermarsi su "Eskimo" diventato uno dei pezzi più acclamati ai suoi concerti. Ironico ricordo della sua giovinezza negli anni della "rivoluzione" e delle situazioni imbarazzanti della vita di tutti i giorni in cui lui, giovane ingenuo, si ritrovava in compagnia dei suoi amici uno dei quali "tenne quasi una conferenza colta sull'LSD". Triste a suo modo "Le cinque anatre" in cui gli accordi minori la fanno da padrone costruendo quasi un castello di malinconia nell'anima dell'ascoltatore. La conclusiva "Mondo nuovo" è forse la meno ispirata musicalmente. Qui Guccini immagina come sarà il mondo in futuro con il suo solito velo di pessimismo lirico.

Un lavoro, insomma, che regge bene il confronto e prosegue il discorso degli album precedenti che pesano come macigni. Non il migliore in assoluto ma sicuramente uno dei più apprezzabili.

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