Il secondo, almeno cronologicamente, album di quel Guccini inviso alle candide orecchie dei giovincelli solo pop o musica da balera. Quel Guccini mai commerciale (meglio così), estremamente realista nel descrivere scorci di vita quotidiana (dopo verranno le stanze) cedendo spesso alla malinconia, quindi alla sfaccettatura più cupa dell'argomento. Francesco Guccini, così come Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Paolo Conte, Giorgio Gaber, è per molti ma non per tutti. Guccini, come gli artisti menzionati qualche battuta fa, bisogna saperlo ascoltare per riuscire a trarre il significato che lui cela in ogni brano. Con ciò non vorrei pormi al di sopra di nessun essere umano, in quanto credo di essere sufficientemente al di sotto della media. Il fatto si concentra sul saper riuscire a cogliere, dopo tanti, ripetuti e mai svogliati ascolti, ciò che un genio del genere vuole esprimere. Parafrasando "L'avvelenata", immagino che al gigante buono di Pavana non importa un emerito ette di ciò che la gente potrebbe scrivere su di lui e Bertoncelli (stimato critico musicale) ne sa qualcosa. Il mio pensiero vuole tendere solo a contribuire all'accrescimento di una valutazione positiva di queste opere. Spesso, vengono giudicate senza averne ascoltato una sola nota e quindi immagino cosa ne potrebbe venire fuori.
Guccini, in quest'opera (a pari merito de "L'isola non trovata" e un gradino più alto di "Amerigo" o "D'amore, di morte e di altre sciocchezze"), assume una interpretazione scarna ed essenziale in maniera formidabile. La tristezza, l'ansia che pervadono spesso le canzoni di questo lavoro (e non solo), a mio avviso, non riescono, fortunatamente a sfociare nel pessimismo che le renderebbe terribilmente tediose. Senza dubbio le descrizioni lasciano poco spazio alla speranza, veggasi i soldi spesi per una inconcludente festa di compleanno, la banale peculiarità che caratterizza le gesta di un povero ebbro, la voglia velleitaria di poter cambiare nel corso della vita, nonostante imbevute di potenziale pessimismo, vengono, dopo una accurata analisi dei testi e delle musiche, annoverate nelle realtà che quotidianamente affrontiamo, forse anche senza rendercene conto.
Importante è quindi saper ascoltare bene, con passione, con interesse, canzoni di questo genere. La riflessione che ne scatutrisce è sempreverde, rinnovabile, magari da poter affrontare con altri mezzi ma comunque esistente. Chi pensa di potersi divertire con Guccini avrà probabilmente ascoltato solo "Opera buffa". E anche lì, tra un sorriso e una grassa risata c'è da riflettere. Meno male che Guccini non ha mai voluto cedere al ricatto del Dio denaro, scrivendo mielose corbellerie pur di vendere qualche copia in più (vendere o no non passa tra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso)...
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