Sono contento di aver sollevato un 'piccolo' polverone, un polverino diciamo, con la mia semi-bocciatura di 'Signora Bovary', nella quale facevo riferimento anche a questo LP, che precede quell'album.

L'album ha poche tracce, solo sei, come spesso succede nei i suoi album degli anni precedenti. Ma allora, con così poche tracce, di cui ben due, quindi un terzo, non molto rilevanti, come fa questo album ad essere un capolavoro?!

Semplice, non lo è! Soltanto, però, a me piace tanto. Intanto mi fa impazzire l'idea del concept album, solo qualche episodio di questo tipo troviamo nella sua opera (in effetti non capita mai di trovare dei veri concept album, in genere sono canzoni che è più o meno facile legare da un filo rosso), questo rende alcuni episodi più interessanti di altri, dove si nota come invece la compilazione del disco sia più una sorta di 'diario', di rassegna delle considerazioni di un certo periodo, senza un legame coerente tra un brano e l'altro, e senza la possibilità di sentirsi coinvolti in una storia con un inizio, una tesi, ed una fine.

Tutti questi vizi li dobbiamo senza dubbio a De André, che ha fatto, a mio parere, della forma dell'album la sua specialità.

Qui un tema particolare c'è: l'inutilità del viaggio come mezzo di realizzazione, o, più gucciniano, come soluzione al problema dell'esistere, della ricerca che non ha nessuna scoperta, della risposta che non ha domanda.

Secondo questa considerazione è giusto parlare soprattutto di tra brani: 'Shomer Ma Mi Llailah' non dice niente di nuovo a chi ha seguito già i suoi dischi più esistenziali, ma torna sull'argomento accennato: la domanda non ha una risposta, non è la risposta che conta, ma continuare a domandare, a ricercare, perché questa necessità è strettamente legata al vivere ed al suo significato. Niente di nuovo, direte, e infatti nonostante il brano nasca da un'idea così profonda e gucciniana non è tra i migliori, poteva essere realizzato meglio, poteva essere davvero un brano indimenticabile e molto più 'gucciniano', invece, sullo stesso tema abbiamo già ascoltato altri brani, riusciti meglio, che non sto ad elencare tanto è frequente la presenza di questo tema.

Niente da dire su 'Gli amici', dimenticabilissimo.

Passiamo alla parte interessante, prima, restando legati al tema dell'album, è importante ricordare 'Argentina' e 'Gulliver', non solo importanti per le considerazioni sul viaggio e sull'esistenza, ma anche brani molto belli, profondi, che però godono di una luminosità nuova: le cupe considerazioni sulla ripetitività dell'esistenza, del conoscere il proprio avvenire e di esserne già stanchi ('Argentina'), la dissennatezza del viaggio, dell'esperienza, della scoperta, che lascia dietro se soltanto 'gusci di parole' ('Gulliver') non sono colorate di nero e di blu, come la copertina de 'L'isola non trovata', non hanno quel sapore crepuscolare de 'Stanze di vita quotidiana', è un Guccini diverso, ma che mi sembra comunque molto autentico.

A me questa recensione non sta piacendo molto, fino ad ora ho evitato di recensire i miei album preferiti per timore di non rendergli giustizia, stasera lo sto facendo senza dubbio. Ciò che vorrei comunicare è che, almeno secondo me, stiamo parlando di un grande album, che si ascolta, anche grazie alla sua brevità, con facilità, ma che lascia tanti stimoli a chi lo ascolta, tanta voglia di riascoltarlo, di amare ogni canzone, e poi magari di fermarsi, ad ascolto finito, a riflettere.

Chiudo con gli ultimi due brani: un amore solo immaginato, sfiorato, ma lasciato ad una dimensione onirica, che, oltre a lasciarci incantati ci fa dispiacere che non abbia fatto altre canzoni di questo tipo, avendo invece insistito molto più di temi diversi. Mi riferivo ad 'Autogrill'. L'altro amore è un amore risaputo, un pò stanco, imbarazzato davanti a certe tenerezze, ma immensamente grande; grande perché conscio delle difficoltà, delle noie, delle cose piccole e volgari di tutti i giorni, tutta quella prevedibilità, quella noia che un amore vero, non onirico, deve ingoiare tutti i giorni. E allora l'unico modo per amarsi nonostante questo è amarsi veramente. Questo e molto altro si potrebbe dire di una bellissima 'poesia' che si intitola 'Inutile'.

'Autogrill' ed 'Inutile', 'Argentina' e 'Gulliver'. Questo album raccoglie quattro momenti importanti della produzione guccianiana. Ed è tra i suoi episodi migliori, con 'Radici'; 'Amerigo' etc..

Elenco tracce testi e video

01   Autogrill (04:50)

La ragazza dietro al banco mescolava
Birra chiara e Seven-up
E il sorriso da fossette e denti
Era da pubblicita'
Come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill
Mentre i sogni miei segreti
Li rombavano via i TIR.

Bella d'una sua bellezza acerba
Bionda senza averne l'aria
Quasi triste, come i fiori e l'erba
Di scarpata ferroviaria
Il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere
Che tracciavo con un dito
Dentro ai cerchi del bicchiere.

Basso il sole all'orizzonte
Colorava la vetrina
E stampava lampi e impronte
Sulla pompa da benzina,
Lei specchio' alla soda-fountain
Quel suo viso da bambina
Ed io, sentivo un'infelicita' vicina.

Vergognandomi, ma solo un poco appena,
Misi un disco nel juke-box
Per sentirmi quasi in una scena
Di un film vecchio della Fox,
Ma per non gettarle in faccia
Qualche inutile cliché
Picchiettavo un indu' in latta
Di una scatola di te'.

Ma nel gioco avrei dovuto dirle
"Senti, senti io ti vorrei parlare...",
Poi prendendo la sua mano sopra al banco
"Non so come cominciare...
Non la vedi, non la tocchi,
Oggi la malinconia?
Non lasciamo che trabocchi
Vieni, andiamo, andiamo via..."

Termino' in un cigolio
Il mio disco d'atmosfera
Si sentì uno sgocciolio
In quell'aria al neon e pesa
Sovrasto' l'acciottolio
Quella mia frase sospesa
Ed io... ma poi arrivo' una coppia di sorpresa.

E in un attimo, ma come accade spesso
Cambio' il volto di ogni cosa
Cancellarono di colpo ogni riflesso
Le tendine in nylon rosa
Mi chiamo' la strada bianca
"Quant'e'?" chiesi, e la pagai
Le lasciai un nickel di mancia
Presi il resto
E me ne andai.

02   Argentina (05:17)

03   Gulliver (04:47)

Nelle lunghe ore d' inattività e di ieri
che solo certa età può regalare,
Samuele Gulliver tornava coi pensieri
ai tempi in cui correva per il mare
e sorridendo come sa sorridere soltanto
chi non ha più paura del domani,
parlava coi nipoti, che ascoltavano l' incanto
di spiagge e odori, di giganti e nani,
scienziati ed equipaggi e di cavalli saggi
riempiendo il cielo inglese di miraggi...

Ma se i desideri sono solo nostalgia
o malinconia d' innumeri altre vite,
nei vecchi amici che incontrava per la via,
in quelle loro anime smarrite,
sentiva la balbuzie intellettuale e l' afasìa
di chi gli domandava per capire.
Ma confondendo i viaggi con la loro parodia,
i sogni con l' azione del partire,
di tutte le sue vite vagabondate al sole
restavan vuoti gusci di parole...

Poi dopo, ripensando a quell' incedere incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria,
intuiva con la mente disattenta del gigante
il senso grossolano della storia
e nelle precisioni antiche del progetto umano
o nel mondo suo illusorio e limitato,
sentiva la crudele solitudine del nano,
sentiva la crudele solitudine del nano
nell' universo quasi esagerato,
due facce di medaglia che gli urlavano in mente:
"da tempo e mare, da tempo e mare,
da tempo e mare, da tempo e mare,
da tempo e mare non s' impara niente..."

04   Shomèr ma mi-llailah? (05:34)

05   Inutile (05:21)

06   Gli amici (04:42)

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Di  Babel

 "La vita è una ruota, non si può far altro che riderci sopra."

 "Cacchio, ma questa è la mia storia!"