Era da un pò che girovagavo su DeBaser e notavo che, nonostante sia uscito da circa un mese, il nuovo disco di Francesco Renga, "Ferro e Cartone" non compariva nella lista degli ultimi album recensiti.
Ovvio che non bisogna riscontrare alcunchè di eretico in ciò; ho deciso tuttavia di accingermi a recensire questo suo ultimo lavoro, forse anche spinto dal fatto che Renga nel mio lettore cd è stato presente per gran parte della mia primissima adolescienza.
Verso Maggio leggo che a breve sarebbe stato pubblicato un singolo inedito di Renga, e a Ottobre (evidente furbata discografica) l'album, contenente il brano in questione.
Conseguentemente cresce in me la curiosità e l'attesa nello scoprire come il cantante abbia impostato il dopo-Camere con vista, album,quest'ultimo, dal grande risvolto commerciale, ma pour moi, punto più basso della discografia dell'artista bresciano ("Solo" è l'unica nota intonata in un miele a tratti vergognosamente scontato).
"Cambio direzione": sound molto prodotto, a tratti sà di plastica, troppo urbano -concedetemi il termine-; testo: sempliciotto ma in fondo già è una svolta rispetto allo zucchero presente in Camere con Vista. Sarà strana la cosa ma il brano ha avuto una rivalutazione in me verso Settembre, dopo 3 mesi dalla sua pubblicazione e ormai al termine delle rotazioni radiofoniche.
Cosi dopo pochi giorni autunnali, viene pubblicato il quarto disco da solista di Francesco Renga: Ferro e Cartone (preceduto dall'uscita del libro "Come mi viene" scritto da Renga stesso).
Lo ascolto. Fin dalle prime battute si intuisce che c'è un diverso tema portante nel disco rispetto all'ultimo suo lavoro. Se prima era l'amore passionale, ora è la fragilità a (ri)dominare. Questo termine è riduttivo. Nello specifico direi che il disco attraversa principalmente le problematiche che un uomo, un padre, è costretto a subire nella odierna società; il titolo stesso stà a metaforizzare la ricerca di equilibrio tra momenti di velata sicurezza(ferro) e momenti di pura debolezza (cartone). Sembra il Renga di Tracce, quello che invocava il luogo "Dove il mondo non c'è più", o si riempiva di amarezza e innocuo sconforto in brani grandiosi come "Stavo seduto".
"...e puoi gridare farlo a pezzi ma nessuno ti aiuterà e come una foglia cadrà, preda dei venti...". In frasi come queste si intuisce bene la tematica portante del disco. Come una foglia che cade senza nessun aiuto, si ritrova un uomo che nella sua fragilità deve trovare la forza per reagire e, sopratutto, non cadere.
Reputo quello in questione un buon album, sicuramente superiore a Camere con Vista. Il sound è tipicamente "rengano" (per gli amanti del voce & piano è disponibile l'edizione limitata con nove degli undici pezzi riarrangiati, dove la voce di Renga viene ulteriormente enfatizzata), parzialmente paragonabile al secondo disco.
Fra le undici canzoni, quella da me preferita è "L'uomo che ho immaginato", che si rifà molto, per quanto concerne il testo, al primo Renga, quello da me più considerato.
Disco non fondamentale, ma degno di un minimo di attenzione in un mercato discografico che ormai, senza internet, sarebbe davvero imbarazzante. In fondo, l'album, è la prova che Renga non è più quello appena uscito dai Timoria; forse,però, è ancora in grado di regalare qualcosina di bello.
"...In un istante per mille volte sarei l'uomo che ho immaginato..."
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