Questo si che è un album particolare...

Anche da un ascolto sommario si riesce ad avvertire quel retrogusto di sabbia e palme orientali che tanto sono care al Maestro; l'era del cinghiale bianco, presso gli antichi Celti, popoli che dominarono l'Europa preromana, stava a significare la stagione della Conoscenza Assoluta.

Frutto di sperimentazioni e ricerche durate sette anni, viaggiando nei suoni orientali. Vengono somministrati all'ascoltatore momenti di magico e quasi soprannaturale misticismo. Battiato ci regala sette perle di saggezza ancestrale in chiave pop melodico che potrebbe risultare banale "musica leggera" ai più, mentre in "L'Era del Cinghiale Bianco", proprio dietro a quelle sonorità si celano riff e sviolinate artisticamente azzeccatissime che contribuiscono alla creazione di un clima inconfondibile, presente in tutta l'opera.

"Music Shop" è una descrizione, ad avviso strettamente personale, satiricamente geniale, dell'unione sacro/profano dei nostri giorni ("la Falce non fa più pensare al grano, i Budda vanno sopra i comodini, carine le Piramidi d'Egitto, Supermercati coi reparti sacri che vendono gli incensi di Dior, rubriche aperte sui peli del Papa...") e rappresenta comunque una critica al modo di pensare consumistico del giorno d'oggi d'allora (1979) che resta, ahinoi, ancora attuale. Nel frenetico e travolgente ritmo di "Strade dell'Est" il cantautore siciliano vuole trasportare l'ascoltatore attraverso quelle vie orientali pervase dall'incanto e da incensi profumati; descrive quel che vede in maniera semplicistica, senza curare i dettagli seguendo quella vena futurista che ritroviamo in molte delle sue creazioni (tutto sembrerà più chiaro all'ascolto de "La Voce del Padrone").

"Luna Indiana" è un piacevole intermezzo di duo pianistico che scorre velocemente e piacevolmente senza intaccare quel clima mistico secondo il quale tutte le tracce sono collegate. Le note di pianoforte ci traghettano verso "Il Re del Mondo", un personaggio che i filosfi credano risiedesse in prossimità del Tibet, nella terra inviolata di Agharti, ma tutto ciò non viene citato nella canzone che invece è l'unica nel quale il sentimento di calma e la sensazione di felicità vengono paradossalmente a mancare, senza tramutarsi, però, in tragedia ("E sulle biciclette verso casa / la vita ci sfiorò / ma il Re del Mondo / ci tiene prigioniero il cuore"). "Pasqua Etiope" resta come sempre nel clima del lavoro e vede il cantante declamare preghiere in latino e greco su ritmi orientali creando un effetto quasi soporifero ma piacevolmente intelligente che, per quanto strana come creazione, in un disco come L'Era del Cinghiale Bianco ci può star tutta. Si giunge infine, all'ultima perla romantica del disco, la nota "Stranezza d' Amuri",  il racconto della scoperta dell'amore da parte di un giovane; il tutto rigorosamente in dialetto siciliano (non a caso la cantantessa ne farà una cover nel cd tributo al Maestro "Voli Imprevedibili"), che si aggiudica il posto della classica ballads romantica, che senza distaccarsi troppo dallo stile del disco, non può certo mancare in un disco di Battiato.

Battiato riesce quindi a conservare quel concetto di musica saggia di cui tanto si parlerà senza distaccarsi dai suoi intenti musicali e senza rinunciare alle sue continue sperimentazioni che da "Fetus" arrivano a "Il Vuoto" (ultimo album pubblicato, 2006 ndr.) senza mai mostrare nessuna sorta di impantanamento musicale. Davvero un grande merito che a pochi si confà.

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