Amo questo artista, amo quest'opera.

Mi permetto di affermare che a sentirsi solo come l'ombrello e la macchina da cucire che ne danno il titolo sia l'album stesso, con poche menzioni, passato pressoché inosservato. E' una constatazione. Però non oso nemmeno supporre abbia lasciato, nella memoria degli appassionati del cantautore siciliano, un ricordo così fuggevole, anzi sono certo di non essere il solo a essere rimasto suggestionato dall'unicità di questo lavoro, dal risultato di una sperimentazione musicale che mi dà un'ulteriore riprova dell'eccellenza che Battiato riesce a raggiungere nel portare a termine i suoi progetti musicali.

I testi sono del filosofo Sgalambro. Non entro nel merito dei loro contenuti, li colgo sotto forma di immagini ed esse mi appaiono suggestive, i concetti mi sfuggono ma mi lasciano una piacevole voglia di pormi domande sul loro significato. E queste sensazioni piacevoli derivano dalla splendida veste musicale che dona loro la raffinatezza compositiva di questo artista. Ogni traccia è dotata di una sua unicità.

Le tastiere (di cui Battiato possiede una padronanza assoluta) rappresentano la base di ciascuna composizione (fatta eccezione per "Un vecchio cameriere", il cui cantato malinconico si poggia sull'adagio di un quartetto di Haydn) e sono tanti, sempre perfetti, i cori che si alternano alle trame delle tastiere, ora sostenute, ora più delicate. La voce, inconfondibile, è in questa occasione spesso calda e suggestiva, l'atmosfera che percepisco malinconica, contemplativa.

Le tracce si susseguono, le immagini si accavallano: la cena in cui si serve pessimo vino, l'ospite che non sopporta l'ebbrezza ("L'ombrello e la macchina da cucire"), l'aria del mare, i rosari composti di spicchi d'arancia, l'odore marcio del vecchio porto ("Fornicazione"). Bellissimi i cori della ritmata "Breve invito a rinviare il suicidio" e l'intervento della voce di soprano nell'atmosfera soffusa di "Piccolo Pub". Sorprendente "Gesualdo da Venosa", che inizia con un cantato/recitato, preludio di un ritmo sostenuto, quasi dance, con voce e coro perfettamente amalgamati. "Tao" echeggia tra le pareti di un tempio e "Moto Browniano" (con un testo criptico ma, come premesso, originale e accattivante) miscela ascolto e meditazione. Come detto, "Un vecchio cameriere" richiede un'altissima sensibilità, non solo musicale, per rendere perfetto il connubio tra musica da camera e cantato. Infine "L'esistenza di Dio", pezzo vivace in cui il nostro dialoga su temi di argomenti teologici con gli studenti in un'ipotetica aula di anatomia. La coda recitata dalla voce femminile che legge un brano di un libro di Sgalambro forse potrebbe apparire pretenziosa...Se non si trattasse di Franco Battiato, che possiede il dono di saper creare alchimie melodiche che affascinano, di sperimentare fondendo i suoni in modo da assecondare il suo intento di non fossilizzarsi mai entro i canoni nei quali potrebbe essere relegato. "La voce del Padrone", "Caffè de La Paix" (il capolavoro successivo all'album di cui sto parlando) "L'imboscata" e "Dieci Stratagemmi" sono alcuni episodi che possono rendere l'idea di quanto il suo ricercare sia sempre in evoluzione perché l'espressione del suo fare musica sia in perfetta simbiosi col suo essere uomo e artista.

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