Primo lungometraggio di François Truffaut presentato alla 12° edizione del Festival di Cannes dove ottenne il Premio per la migliore regia.Racconta uno spaccato dell’infanzia/adolescenza di Antoine Doinel, 13 anni, interpretato da Jean-Pierre Léaud, che diventerà attore feticcio di Truffaut, e interpreterà in altri 4 film la saga omonima.Di fatto è l’alter ego dello stesso regista, che nei 400 colpi cercherà di riassumere il senso della sua infanzia, inquieta e solitaria.

Nasce fuori dal matrimonio, grazie al volere della nonna – mentre la madre pensava di abortire.Sarà cresciuto insieme al padre putativo senza amore e affetto, svogliatamente in un piccolissimo appartamento non lontano dalla Tour Eiffel. In uno stato di quasi abbandono, dormendo in un sacco a pelo nell’ingresso dell’abitazione.Gli interessi dei genitori – nel film il padre è un appassionato di rally, nella realtà i coniugi si occupavano di alpinismo -, lo costringevano molto spesso solo, a casa, nei fine settimana.

Tutto questo avrà come conseguenza un pessimo profitto a scuola, una mancanza d’interesse per tutto ciò che è regolato e conforme, un inconscio bisogno di attirare l’attenzione degli adulti.Suo unico amico il compagno René – tra l’altro, quello vero, commenterà negli extra il film -, un coetaneo proveniente da una ricca famiglia borghese, ma che non si cura di lui: la madre è alcolizzata, il padre assente.La mancanza di attenzione e affetto sono quindi il primo collante.Oltre al fatto che René vede già nel compagno l’essere straordinario che diventerà.

Antoine, vive una sorta di rassegnata accettazione, pur “facendo il diavolo a quattro” – ovvero, in francese “les Quatre Cents Coups”, appunto.Scapperà di casa, marinerà la scuola, preferirà il luna park e il cinema, che frequenta assiduamente con René, al punto tale da vedere per ore lo stesso film, facendo a gara per individuare quante inquadrature contiene…

Finirà alla fine in un riformatorio, e sarà lì che verrà abbandonato definitivamente e “fisicamente” dai genitori, finalmente sollevati di essersi sbarazzati di lui.E sarà da lì che, non certo domato, fuggirà per andare a vedere per la prima volta il mare.Simbolo della vita forse, quella in superficie e quella della profondità inconscia.

Sarà a quel punto che il ferma immagine e una leggera zumata, andranno a sottolineare la malinconia di Antoine. Quasi un dolore, mentre tra le onde ci osserva nella sua affranta sobrietà.

Bello il commento del vero René negli extra, bella la Parigi dell’epoca, le strade, i monumenti che s’intravedono, le prime 4 cavalli….Colpisce la freschezza, il brivido delle emozioni, il tocco dei sentimenti.E viene da pensare quanto è stato proficuo il lavoro di una troupe minimale, di pochi mezzi, con un budget minimo, soprattutto pensando alla freddezza di certi film di oggi, con un esercito di collaborazioni e tanta tecnologia, e con i titoli di coda che non finiscono mai…

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