Il freak ormai non era più un pischello, questo è certo. Gli anni della sua giovinezza erano stati impiegati a preparare abbondanti porzioni di topi caldi, da servire ancora fumanti nel timorato desco della comunità americana. Eppure, il tempo trascorso non aveva affievolito la sua determinazione nell' adempiere la sua missione, che si può riassumere nei tre punti sottoelencati:
1) creare una musica al di là dei generi, in cui confluissero le lezioni dei grandi musicisti contemporanei (Stravinsky, Varèse), il jazz, l' hard rock e il ritm'n'blues, ma che al tempo stesso fosse talmente originale e complessa da non poter essere ricondotta a nessun genere preciso
2) incidere un numero di dischi fuori dal comune
3) cagare il cazzo alla comunità poc'anzi menzionata
Per meglio assolvere i propri compiti, il nostro aveva da poco fondato una propria etichetta, la Zappa Records, che gli consentiva di pubblicare i suoi 6-7 dischi all' anno senza che gli zelanti esperti di music business gli rendessero le palle a frappè con edificanti lezioni sulle strategie di marketing. Con questa nuova label, nel 1979 nasce lo sceicco "agita il culo”, che ti guarda sornione dalla copertina del disco come a dirti “sì cazzone, agita il culo con la tua disco music di merda, io nel frattempo mi faccio una sizza poi suono un po’: tu vedi che puoi fare, ascolta Dancin’ Fool e poi rifletti su quanto sei stronzo”.
Perché Francesco Vincenzo, as usual, non fa sconti a nessuno (nemmeno al suo – sembra - maldestro tastierista, che viene elegantemente invitato a tornarsene da mamma) e sforna un disco irrinunciabile. E’ vero che molti album precedenti sono stilisticamente migliori di questo, ma Sheik è imprescindibile; e’ vero che le suites orchestrali di The Grand Wazoo sono un’ opera d’arte, ma Sheik è obbligatorio; è vero che Over-nite sensation è una rivoluzione, ma Sheik è inevitabile.
Sheik si fregia della presenza di Adrian Belew (“cazzo ma adrian biliù dei ching crimson???” si caro, proprio lui) e di Terry Bozzio alla batteria; in Sheik la ricerca del formalismo è esasperata in ogni pezzo (quasi tutti i brani sono registrati live e successivamente sovraincisi in studio) e ciononostante il risultato è quello di un disco orecchiabile fin dal primo ascolto.
Ma la ragione reale, dogmatica e indiscutibile che rende Sheik una conditio sine qua non è che in questo disco Francesco Vincenzo si scaglia con appassionato vigore contro la vera piaga della società odierna: i fighetti. Frank, con la sua sensibilità perfetta, stigmatizza e distrugge il concetto stesso di fighetto, sia nella sua accezione maschile (“Bobby Brown goes down”) che in quella femminile (“Jewish Princess”).
Piccola, un mondo senza fighetti è un mondo migliore. Un mondo senza fighetti è la Shangri-la dove potremo trovare la quiete che tanto ardentemente aneliamo. E finalmente liberi, potrò stare in te così intimamente, e ogni cosa andrà bene. In sottofondo suonerà Frank, perché Frank è come me: non siamo opulenti fighetti, ma siamo tanto carini.
E teniamo una minchia tanta.
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