io, la fame, l’aggressività
07 ottobre 2025
A volte uscire dal solito canone estivo, dal romanzo di moda, dalle edizioni del momento, può essere utile ad una nuova visione dei fatti.
IO, la fame, l’aggressività è un saggio di Frederick Perls, uno psicoanalista per la sua epoca, rivoluzionario.
Premetto, la lettura mi è stata indicata da una persona amica, non faccio parte della categoria psicoterapeuti o psichiatri, sono un semplice lettore curioso, mi descrivo come un buon titolare di terza media, al massimo, ginnasiale, eppure questa lettura ha messo in crisi alcune mie credenze.
Nell’introduzione è scritto “l’IO, la fame, l’aggressività rappresenta la transizione dalla psicologia ortodossa all’approccio della Gestalt”, erano anni che non leggevo saggi di quel genere, l’ultima lettura con autori simili è stata L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, di Oliver Sachs , ma era un neurologo prestato alla psicologia, altrimenti dovrei andare a ritroso per tanto tempo al fine di ritrovare simili testi..l’opera.del 1942, scritta da Frederick Perls, rappresenta un approccio nuovo alla psicoterapia.
Io, la fame, l’aggressività, è l’opera di uno psicoanalista che ripercorre i temi della psicoanalisi per arrivare a conclusioni a suo tempo considerate eretiche,
Il libro è suddiviso in più parti, per arrivare alle affermazioni di principio l’autore ripercorre pedissequamente e con vis critica le opere di Freud e Jung, compresi i vari predecessori che hanno elaborato tesi su quei pensiero.
La teoria che si sviluppa parte da un assioma, la psicoterapia non può essere considerata pari alla matematica come esattezza nei risultati, tutto ciò premesso, partendo da presupposti omogenei, possiamo concludere percorsi simili con oggetto ed obiettivo similari.
Per arrivare a conclusioni simili, il passaggio obbligato verte su tre fattori, esaminati in tre distinte parti dell’opera, la prima è titolata Olismo e psicoanalisi, olismo perchè “Il tutto è più della somma delle parti da cui è composto” (n.d.r. Treccani), olismo è il tutto dei greci, ancora una volta la terminologia viene mutuata dalla filosofia greca,
La seconda parte dell’opera è titolata “Metabolismo mentale”, verte sulla modalità in cui si acquisiscono le conoscenze e come vengono gestite dal sistema cerebrale conscio e inconscio.
Alla partenza c’è la fame, come istinto primordiale, che muove la voglia di apprendere anche attraverso il gesto della nutrizione, dai variegati aspetti che assume il gesto si passa alla riflessione, all’introiezione, alla scissione ed alla proiezione del gesto su pratica e vita reale.
Con questi presupposti si apre lo spazio vitale e descrittivo alla terza parte, sorte di eserciziario per utilizzare gli strumenti descritti, , il titolo della terza parte è, non a caso, “La terapia della concentrazione”, ove l’autore sviluppa una moltitudine di tecniche per affinare il concetto di conoscenza e gestione dei fatti.
Partendo dalla nevrastenia, dissimulando le differenze sostanziali con la concentrazione, viene portata l’attenzione sul “mangiare”, concetto fondamentale per l’assimilazione al fine di poter visualizzare i contenuti, viene citato il sogno, riprendendo da Freud la tesi formulata, per dare peso all’attualità..
Dal presente si esaminerà il silenzio interno, l’io come prima persona singolare, per annullare la retroflessione e concentrarsi sul corpo al fine di assimilare le proiezioni del pensiero.
Annullare la negazione esalta, secondo l’autore, la crescita della coscienza di sè, sino a determinare cause e concause dell’insonnia, del balbettare, dell’ansia, e del nostro essere Jekyll-Hyde.
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