Talvolta, durante le mie ricerche di band e scene musicali che non conosco, mi faccio guidare da criteri poco raccomandabili: storie sfigate e assurde, dischi che non se li è inculati nessuno, nomi di band e album che quando li scegli per il tuo gruppo ti segnano la carriera a vita perché, anche se magari non ti sarebbe interessato, comunque l'ipotesi che un proprio pezzo possa esser passato in radio non esisterà mai proprio a causa dei nomi da censura (è così che ho scoperto band come Butthole Surfers, The Dicks, Men of Porn, The Dickies, Supreme Dicks...). Proprio durante una di queste ricerche malate mi sono imbattuto nei Fuckemos. Innanzitutto no, non è come pensate, il nome non significa “vaffanculo agli emo” ma è dedicato ad un locale notturno (l'Emo's) in cui il cantante della band ebbe qualche problema con la security. E poi vediamo di dare qualche ulteriore coordinata: vengono da Austin, Texas, zona dove forse si respira un'aria un po' contaminata che finisce per creare band dai connotati folli e quasi impossibili. Vengono da lì gruppi del calibro dei già citati Butthole Surfers, The Dicks, ma anche artisti come Roky Erickson o i punk Big Boys. In questa scena un po' (tanto) weird, i nostri Fuckemos ci sguazzano a meraviglia, proponendo un sound a mezza via tra Punk-Rock e Hard-Rock con una buona dose di demenziale. 

Il frontman della band è Russel Porter, un personaggio improbabile che mostra però un certo appeal, anche in quei video in cui si fa mettere in croce mentre canta, con tanto di schiuma a ricoprirgli la faccia (tosta). Il suo modo di cantare è qualcosa di clamoroso: usa dei modificatori per microfono che rendono la sua voce un prodotto assurdo, simile ad un continuo simil-rutto. In “Black Hellicopters” non canta sempre lui, o almeno se anche si tratta sempre di lui (non è tanto facile reperire informazioni al riguardo sul web), in certi casi non usa questo benedetto (o maledetto) modificatore e quindi sembra avere una voce umana. 

Analizzando un po' la band in generale e il suo sound, che comunque rimane pressoché il medesimo nei diversi album rilasciati tra il 1994 e il 2001 (“Black Hellicopters” è del '98), ne vien fuori un'immagine malsana: i Fuckemos danno l'impressione di essere degli schizzati, dei paraculo drogati marci, gente sempre ubriaca che vomita parecchio (si guardi il tema principale del pezzo e del video “Barf Baby”... e occhio al ciccione che suona la batteria nel cesso, una delle scene che più mi ha fatto ridere negli ultimi anni), ragazzacci che secondo me puzzano anche un po' di piscio. Se facessi il dj e mi trovassi ad una festa un po' rozza e ad alto contenuto alcoolico non credo potrei esimermi dal mettere qualche pezzo di questo album, scegliendo in primis roba come “This Land Is Your Land”, “Be Nice, Don't Be Mean”, “My Face Your Butt”, “Pussies Fly In Planes”. Se qualcuno ha intenzione di chiedersi: “ma questi Fuckemos hanno dato qualcosa alla Storia della Musica?” credo che il 98% degli ipotetici intervistati risponderebbe che le uniche cose che hanno dato sono state liriche pseudo-ruttate da uno stronzo accompagnato da qualche amico musicista folle in un'avventura senza senso. Io però penso che in fondo i Fuckemos siano stati un esperimento abbastanza interessante, certamente senza ampio respiro (e ascoltando Porter si capisce subito il perché) ma non del tutto da buttare. Diciamo che vanno saputi prendere, i Fuckemos. Non li consiglierei ad uno che ascolta Barry Manilow, ma piuttosto a chi ha voglia di farsi stupire e di fare un paio di risate, magari muovendo anche un po' la testona e il piedino quando il ritmo è un po' più tirato. Non essendo un album impegnativo (tutt'altro!), va preso come un divertissement scazzone, da tirar fuori quando NON si è in cerca di musica seria, riflessiva, con bei testi o comunque elaborata ed originale a livello sonoro. 

Black Hellicopters” in conclusione è un album spiazzante, che ti disarma a colpi di assurdità e che ti mette di fronte ad un'enorme presa per il culo: in fondo cosa dovremmo pensare dopo l'ascolto di una traccia come ”White Sunshine”, tutta calma e fatta di suonini ridicoli provenienti dalle tastiere mentre la voce ci parla di certe “pussies”, piazzata lì dopo una mezz'ora di ascolto (per chi ce l'ha fatta), se non che siamo stai presi per i fondelli per tutto l'album? Però dite la verità, a volte farsi prendere per il culo ha anche un sapore buffo, quasi piacevole. E Russel Porter e i suoi Fuckemos sembrano proprio lasciarci questa sensazione gustosa. 

E ora tutti a bersi qualche birra e a ingoiare senape con in sottofondo Porter che ci canta che “la sua faccia è il nostro culo”...

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