Mettiamola così. Fine del XX secolo. Hai appena pubblicato il capolavoro del pop (indie?) della tua generazione. È il tuo opus magnum. 3 album. 69 canzoni d’amore. Enciclopedia degli stili. Splendore della melodia. L’impegno live di per sé è notevole. Ma inanelli il secondo album dei 6ths, la colonna sonora autografa del film “Eban & Charley”, l’EP “I’m Lonely (And I Love It)” e il secondo full-lenght a nome Future Bible Heroes. Lo intitoli “Eternal Youth” (Instinct, 2002). Non ti manca la creatività.

I Future Bible Heroes sono uno dei progetti lo-fi di Stephin Merritt, ovvero dei Magnetic Fields. Gli “Eroi” del synth pop accanto al new weaver sono Ewen e Gonson. Si erano vaccinati nel 1997 con “Memories of Love”.

“Eternal Youth” è fedele al loro disegno elettronico e blandamente romantico. Lo confermano e maturano. L’approccio resta giocoso, pur misurandosi con toni anche cupi e gravi.

Il terzetto si spartisce i compiti chiaramente. Merritt scrive i testi col consueto humor nero ed un lirismo secco e spietato ("Non sono né dolce né sincero/ e preferisco bere sangue piuttosto che birra/ perché sono un vampiro"). Vorrebbe, ma non può, essere allegro e spensierato. Christopher Ewen compone trame sonore sintetiche e irreprensibili, non eccessivamente low-fi, e intermezzi atmosferici (vedi l’incantevole “Bathysphere”). Claudia Gonson, con aplomb, presta la sua voce lieve a tutti i brani, fascinosa e un tantino sinistra, amara e dolce. Poca voce, incolore eppure carezzevole. Il tutto esprime un generalizzato disincanto sognante.

L’ombra degli amori di Merritt e soci è corta: Phil Spector, ABBA, Human League.

L’album ha una sua coesione e un suo equilibrio. Senza cali, l’indie pop di “Eternal Youth” si rispecchia in brani ficcanti come "I'm a Vampire", dove la Gonson si identifica bellamente coi paria sociali e gli insoddisfatti (“Accidenti/ sono quella che sono/ ciò che sono/ e sono incredibilmente glam/ e sono felice come una vongola”. Come l’elettronica temperata della luminosa “Loosing My Affection”, dedicata all’amore autentico ("Preferirei essere la regina della ghigliottina in un'insurrezione sanguinaria/ piuttosto che perdere il tuo affetto"). Dopo la lamentazione poligama della soffusa “Thousand Lovers in a Day”, “Smash the Beauty Machine” potrebbe essere un pezzo degli Stereolab.

Sofisticato e semplice, ironico e malinconico, irridente e sognante. Sono le coppie di aggettivi che meglio descrivono questo lavoro.

Il seguito del 2013, "Partygoing", completerà in qualche modo il trittico.

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