In un'epoca in cui i film dei supereroi sono diventati sempre più dei cartoni pompati di effetti speciali e personaggi senza background, sbattuti sullo schermo come figurine dell'album di calciatori, in Italia silenziosamente escono in parallelo film come "Il Ragazzo Invisibile" di Salvatores e "Lo Chiamavano Jeeg Robot" di Gabriele Mainetti su tutti, due pellicole fondamentali del genere nel terrotorio cinematografico nazionale. Due film molto diversi, ma che entrambi dimostrano nel loro coraggio di osare che il Cinema italiano di intrattenimento non ha perduto del tutto il suo smalto, e che riesce (quando vuole) ancora a comunicare qualcosa. In particolare "Lo Chiamavano Jeeg Robot" alla sua uscita fece il botto, amato sia dal pubblico che della critica, che lo accolsero esaltando la storia, la regia e la recitazione degli attori. Solitamente ci vado sempre piano quando un film viene troppo "sparlato" in giro, ma per una volta ho voluto fidarmi e sperare di non trovarmi davanti al solito filmetto con il supereroe pompato spacco-bottiglie-ammazzo-famiglie. Mi sbagliavo, eccome.

"Lo Chiamavano Jeeg Robot" è la storia di Enzo, un ladruncolo di Tor Bella Monaca, periferia di Roma, dal carattere freddo ed emarginato, con la passione degli yogurt e i film pornografici. Mentre sfugge dalla polizia cade nel Tevere e viene a contatto con delle scorie nucleari, che gli forniscono una forza sovraumana. Abita accanto ad Alessia, una ragazza problematica con la fissa di Jeeg Robot D'Acciaio. Ma quando farà i conti con il proprio potere dovrà proteggere la città dall'ascesa di un criminale conosciuto come Lo Zingaro. Nel rapporto con Alessia, e con il proprio potere, imparerà che "da un grande potere derivano grandi responsabilità". Scusate la battuta pop ma non ho resistito.

La storia quindi, rispetto a quello che tanti pensano, non offre qualcosa di nuovo o di mai visto all'interno di un film di supereroi. O meglio...non proprio nulla, poichè ciò che davvero cattura del film in primis è la caratterizzazione dei nostri personaggi. Enzo è l'antieroe da prodotto Marvel per eccellenza. Scordatevi il classico belloccio con la tartaruga che fa acrobazie nella città, vive in una torre di lusso, amato dalle donne e cose del genere: il nostro personaggio è triste, cupo, vive nel disagio, senza la minima voglia di sorridere o di stare a contatto con la gente, che quando acquisisce poteri inizialmente li sfrutta per fare un colpo e strappare dal muro uno sportello automatico. Il video diventerà virale, e il nostro personaggio attirerà di conseguenza l'attenzione sia di Alessia, che finirà per innamorarsi del nostro personaggio, che dello Zingaro. La prima aiuterà Enzo a sciogliere i nodi dentro di sé, sopratutto per quanto riguarda la propria timidezza e goffaggine con le donne, mentre il secondo deciderà di affrontarlo per essersi intrufolato nei suoi affari, e per essere di conseguenza un impedimento per il suo piano di conquista della città. Claudio Santamaria, noto per essere il doppiatore di Christian Bale nella edizione italiana del Batman di Nolan, interpreta il nostro Enzo in maniera molto convincente, donaldogli il giusto carisma ma recitando sempre sottotono, per mantenere misteriosa e pessimista la rappresentazione del nostro eroe; per interpretarlo l'attore è aumentato di 20 kili. Ma il personaggio che davvero buca lo schermo è Fabio detto Lo Zingaro, interpretato da Luca Marinelli, ed è una nemesi fenomenale. Un ruolo che l'attore si gusta dall'inizio alla fine, in bilico tra il Joker e un piccolo gangster schizzato uscito fresco da "Romanzo Criminale", fissato con la sete di conquista e delle icone della musica pop italiana. Non solo si diverte come un matto nel compiere atti di violenza, ma non sai mai cosa aspettarti quando entra in scena, poiché è in grado di esplodere nella follia da un momento all'altro; non a caso è protagonista di alcune sequenze memorabili, dal suo ingresso in scena al karaoke di "Un'emozione da poco" di Anna Oxa. Sfruttando un personaggio così forte sul piano sia di scrittura che interpretativo, il personaggio di Enzo dovrà risultare ancora più interessante nella sua messa in scena, poiché quando il cattivo in una storia di supereroi funziona molto bene nel complesso c'è sempre il rischio che oscuri il buono, fondamentalmente sempre legato alle solite quattro righe di scrittura. Qui invece vanno praticamente a braccetto, fino allo scontro pre-finale. Il personaggio di Alessia è scritto altrettanto bene, poiché non mi abbia convinto del tutto la performance di Ilenia Pastorelli; interessante come qui la "donzella",che normalmente viene sempre salvata dall'eroe, sia in verità il personaggio che aiuta l'eroe stesso ad acquisire sicurezza e consapevolezza della propria missione, rendendolo più "umano" e insegnandogli ad amare il prossimo, sebbene stiamo parlando di una ragazza con dei traumi in testa a seguito della morte della madre. Degna di nota la scena di sesso, in cui l'istinto bestiale ed estroverso di Enzo salta fuori all'improvviso, riuscendo a trasformare in disgusto una sequenza inizialmente "romantica". Nel cast figura anche un divertito Salvatore Esposito (sì proprio lui) nel ruolo (guarda caso) di un gangster napoletano, e una eccezionale Antonia Truppo nei panni della leader di un gruppo di camorristi.

La regia di Gabriele Mainetti scorre molto bene, e si trova a suo agio sia nelle sequenze di dialoghi che in quelle d'azione. Finalmente non ci troviamo davanti ad effetti speciali da sceneggiati Rai (ricordo con rammarico il Pinocchio con Bob Hoskins e la Litizzetto, obrobrioso a dire poco), ben sì una maggiore cura tecnica, soprattutto nella violenza visiva, che non scade mai nello splatter esagerato, mantenedosi realistica seppur si stia parlando di un film "fantastico" alla base, che unisce sapientemente altri generi cinematografici dal pulp e gangster all'italiana (Lenzi e Sollima insegnano) fino all'anime (a partire dal personaggio stesso del cartone). Ottimo lavoro anche per quanto riguarda la fotografia, che mette in scena una Roma spenta che sembra una Gotham City, oltre alla sceneggiatura stessa, ricca di colpi di scena e momenti che sfociano nella tenerezza (in primis il rapporto tra Alessia ed Enzo) senza mai risultare eccessivamente stucchevole, rendendo interessante questa love story che in parte strizza l'occhio al magnifico "Leòn" di Luc Besson, specie nella rappresentazione del protagonista.

"Lo Chiamavano Jeeg Robot" vince su ogni punto di vista. Un cinefumetto divertente, maturo, adrenalinico, ricco di sorprese e voglia di fare, realizzato con intelligenza e passione. Si vocifera di un sequel ufficiale, ma per esserne certi dovremo aspettare ancora un po'. Intanto per chi non l'abbia ancora visto si goda questa piccola perla, che pur non salvando il Cinema Italiano lo riporta verso una concezione dignitosa, rispetto a ciò che ci capita di vedere tutti i giorni nelle multi fiction in televisione.

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