Shirley Manson, bella e carismatica leader dei Garbage, va per i cinquanta.
Dal 1995, anno del sorprendente debutto eponimo della band statunitense, ne è passata di acqua sotto i ponti; prima il post-grunge, poi il nu metal, poi l’esplosione commerciale del rap/r n’ b, il rock pianistico dei Coldplay e dei Keane, e chi più ne ha più ne metta. Ma i Garbage sono sempre, più o meno, rimasti lì.
Che fossero vestiti di elettronica (i primi lavori), di hip hop e new wave (il controverso “Beautiful Garbage”, che comunque fu capace di partorire delle hit notevoli) o che virassero decisi verso il chitarrismo più spiccio (il bellissimo “Bleed Like Me”), i loro dischi hanno sempre mantenuto una forte identità e sono sempre risultati assolutamente riconoscibili. Insomma, come si suol dire, la prova del tempo è stata ampiamente superata.
Ritornati quattro anni fa con “Not Your Kind Of People”, primo (buon) disco dopo una lunga pausa, si sono decisi finalmente a dargli un degno seguito, e con questo “Strange Little Birds” centrano addirittura il bersaglio e licenziano il loro miglior lavoro da quasi dieci anni a questa parte.
L’impronta rimane tipicamente Garbage: la sensuale e ormai riconoscibilissima voce di Shirley Manson, una produzione calibratissima e praticamente perfetta (in formazione c’è comunque un certo Butch Vig) e la consueta mistura di rock, elettronica e power pop che tanta fortuna ha portato alla band statunitense. La novità del nuovo corso è però un’inedita spolverata dark, ma attenzione, non si tratta di un’operazione nostalgia implementata con del make up improvvisato: i ragazzi fanno sul serio.
Lo si intuisce già dalla opener “Sometimes”: un beat minimale dal sapore a metà tra trip hop ed industrial, che introduce al primo singolo “Empty”, ponte di collegamento con la produzione passata che mette in bella mostra chitarre sferraglianti ed un refrain che si stampa in testa dopo mezzo ascolto. Si rivela, però, una falsa pista, perché da lì in avanti Manson e soci prestano sempre meno attenzione al mantenimento deli classici canoni della perfetta pop song (tre minuti e mezzo, ritornello al punto giusto e così via), ed iniziano a prendersi tempi e spazi a piacimento.
“Blackout” (bellissima, uno dei loro pezzi migliori in assoluto), “Night Drive Loneliness” (che Shirley vorrebbe saggiamente estrarre come secondo singolo), “So We Can Stay Alive” e la languida chiusura “Amends” sforano i sei minuti senza farsi troppi problemi e si prendono il loro tempo per costruire e portare a compimento un’offerta ricca di classe e pathos. “Even Though Our Love Is Doomed”, che ha anticipato il disco come traccia promozionale, costruisce un crescendo magnetico e tutto giocato sul cantato di una Manson mai così in forma, per esplodere in modo maestosamente rumoroso nel finale.
“Magnetized” dimostra che quella dei Garbage è ormai un’impronta riconoscibilissima ed inconfondibile, “If I Lost You” giocherella con il girl pop donandogli dignità e classe, “Teaching Little Fingers To Play” è forse la traccia meno interessante ma è assolutamente funzionale nel completare il discorso complessivo.
Gran bel ritorno, e la curiosità per le prossime mosse è sempre più alta.
Miglior brano: Blackout
Carico i commenti... con calma