“Non copritemi gli occhi. Mentre scrivo voglio poter dare un’occhiata alle farfalle di vetro che sono posate sulle pareti…”. Questa è una parte dell’introduzione scritta da Peter Gabriel per presentare The lamb lies down on Broadway, subito definito dalla “lungimirante” critica inglese dell’epoca un “elefante bianco”. Invece The lamb è probabilmente il lavoro più convincente dei Genesis (qualcuno ha scritto il primo solista di Gabriel….), il tentativo, secondo le parole dello stesso Peter, di portare i Genesis in pieno negli anni 70 e di proiettare la loro musica verso il futuro. Sappiamo tutti com’è andata, ma a distanza di tanti anni ora è possibile valutare con serenità l’importanza di questo doppio album (importanza ribadita e rafforzata dalla splendida esecuzione live presente sul primo cofanetto Archive). Gli stessi componenti del gruppo non avevano pienamente valutata l’importanza del nuovo disco: Gabriel era in forte ritardo con la stesura delle liriche e la registrazione della voce.
Il tentativo di modernizzare i Genesis appare evidente nell’uso particolare della forma suite; The lamb è infatti piuttosto un omogeneo gruppo di canzoni (alcune scritte anche diversi anni prima) legate alla storia di Rael, una specie di punk portoricano. Pochi i riferimenti mitologici (The Lamia, anche se in questo brano sembra piuttosto incentrato su tematiche di carattere sessuale) dunque, e musicalmente dei tentativi più o meno timidi di legarsi a un sound diverso (si ascolti la sezione cantata di Fly on the windshield, ad esempio o la citazione di un famoso brano rhythm’n’blues nel pezzo iniziale). L’uso del mellotron è meno convenzionale (ad esempio nella citata Fly on the windshield, un brano stupendo, non a caso, nato da un’improvvisazione). Il gruppo è decisamente più aggressivo in In the cage e specialmente in Back in NYC, brano che Gabriel poi riprenderà dal vivo durante la sua carriera solistica. Nel primo disco non mancano tuttavia momenti tipicamente Genesis: la splendida Cuckoo Cuckoon o Hairless heart, un brano che sembrava molto convincente allo stesso Gabriel e che dopo tutti questi anni non ha perduto niente del suo fascino. La voglia di aprirsi (di Gabriel?) ad altre esperienze traspare nella stralunata The great parade of lifeless packaging col contributo dell’immancabile Brian Eno. L’album è disseminato di perle: Carpet crawlers, Anyway: due canzoni di vecchia produzione ripescate per l’occasione, brani invecchiati benissimo tant’è vero che nella reunion virtuale del 1999 fu proprio Carpet Crawlers il brano prescelto. Ad Hackett non viene lasciato moltissimo spazio (non quanto avrebbe voluto), ma il suo sound inconfondibile emerge soprattutto in Here comes the supernatural anesthetist e nel magnifico solo finale di The lamia. In questo brano la premiata ditta Banks/Gabriel raggiunge, a mio parere, uno dei vertici della sua produzione. E si comprendono facilmente tutti gli sforzi di Banks di far recedere Gabriel dalla sua intenzione di lasciare la band. Spesso è proprio Banks il motore delle composizioni, è il musicista dal quale partono le idee per i brani. Ovviamente però è Gabriel che fa la parte del leone, s’immedesima con successo e convinzione in tutti i personaggi della complicata vicenda che - un altro punto importante - si presta a varie chiavi di lettura (qualcuno ha scritto che è una sorta di viaggio nel Purgatorio!).
Quando l’album uscì fui colpito soprattutto da un aspetto: era musica non cerebrale, accessibile, godibilissima; tuttavia questa musica e la storia di Rael possedevano una profondità di contenuti che sembra ancora oggi non ancora del tutto esplorata. Questo meraviglioso equilibrio tra immediatezza e profondità dei contenuti andrà man mano perso (stavo per dire progressivamente) non solo nella musica dei Genesis, ma anche in molto del progrock (per tacere di altri generi che si andavano imponendo).

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Altre recensioni

Di  Nevadagaz

 “Le canzoni di The Lamb sono sicuramente le migliori che i Genesis abbiano mai scritto nel format binomico di strofa e refrain.”

 “È un disco epocale, a tratti difficile e controverso, comunque unico e inarrivato, sicuramente il degno epilogo di una storia irripetibile.”