Questa è una breve storia di mani, di pipe, di antologie sgualcite.

Cominciamo dalla fine. Un disco dalla copertina rosa ed i bordi arrotondati, col volto di Fabrizio sovrainciso. È il 1974 quando esce questo (cosiddetto) disco minore dall’anonimo titolo Canzoni. Qui Faber canta Dylan, Leonard Cohen, Brassens: subito dopo un’indigesta traduzione di Desolation Row a firma De Gregori, l’ascoltatore ha l’immensa fortuna di sentire la voce scarna di De André cantare Le passanti. Tentare di descrivere cosa si prova al primo indelebile ascolto di questa canzone mi pare un’impresa destinata al fallimento.

Quasi un secolo prima, un giorno qualunque, nell’estremo nord della Francia, era nato a Douai un mediocre poeta di nome Antoine Pol. Le sue mani ruvide, impolverate in trincea o annerite in miniera, hanno sempre scritto parole in fila, con la semplicità di un’innocente esigenza espressiva.

Sul finire della seconda guerra, in una Parigi stracciona, un giovane anarchico di nome Georges Brassens tra una tirata di pipa e l’altra leggeva leggeva e rileggeva una poesia di Antoine Pol della quale era ossessionato. La poesia, stampata in una antologia poetica che lo chansonnier aveva trovato un giorno qualunque al mercatino delle pulci di Porte de Vanves, parlava, con quella sua semplicità, di occasioni mancate e della malinconia d’ogni giorno. Brassens andò in cerca per anni del suo autore, così da poterne fare una canzone, ma invano.

Antoine, che nel 1911 aveva vent’anni, raccolse dalla schiuma dei giorni una tiepida perla, scintillante per un attimo negli occhi di una e di molte donne sconosciute, les passantes.

Un altro giorno qualunque squillò, finalmente e per caso, il telefono di un cantautore ormai coi baffi grigi. All’altro capo del filo un intermediario per l'ormai anziano poeta. I due si scrissero, ma non riuscirono mai ad incontrarsi. Una lettera, datata 2 dicembre '70. Lo sconosciuto Antoine morì poco dopo, prima di riuscire ad ascoltare, dalla voce di Brassens, questa semplicissima e vibrante canzone, amara e colma di rimpianti come la vita.

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