La chiamava “musica oggettiva”. Uno degli intenti che la muovevano, assegnandole la funzione di strumento in un più vasto disegno, era riscattare l’uomo dal “sonno ipnotico” nel quale la costante reiterazione di comportamenti ed automatismi svuotati di senso l’aveva precipitato.

La descrizione della complessa figura di Georges Ivanovitch Gurdjieff e della molteplicità di implicazioni che ne deriverebbero è esercizio che mi/vi evito.
Rimando quindi ad altra recensione presente in DeBaser che, con dono di sintesi, assolve egregiamente lo scopo relativamente alla genesi delle sue musiche.
Proprio partendo da quel disco (che mi permetto di consigliare per la personale sensibilità nell’esecuzione della Celletti) sono arrivato a questo prezioso lavoro pubblicato dall’ECM nel 2004.

Cerco, in questo caso, di tener fede ad un voto di maggior frugalità di parole perché di essenza ed essenzialità si nutrono i brani contenuti in questa interpretazione, la prima trascrizione per pianoforte e violoncello della musica di Gurdjieff.
Le sue molecole limpidissime, capaci di assimilare ed aggregare particelle sonore giunte dall’oriente con suggestioni musicali di matrice popolare occidentale, costituiscono un corpo fluido.
Che prende forma man mano che l’ascolto procede tra la nitidezza di suono del pianoforte di Vassilis Tsabropoulos e la liricità del canto del violoncello di Anja Lechner.

Entrambi di formazione classica, ma impegnati anche in direzioni diverse, (il jazz trasfigurato per Tsabropoulos - consigliatissimo "The Triangle" avanguardia per la Lechner, nelle collaborazioni con Misha Alperin e Sylvie Courvoisier) sembrano trovare con disinvoltura una simbiosi perfetta nell’esecuzione dei brani, lenti e distesi, spesso percorsi da una delicata cantabilità.

A volte il compito di disegnare la melodia è affidato al tocco delizioso della Lechner, in altre sono i tasti di Tsabropoulos a delinearla. Sempre l'equilibrio è perfetto e sempre pare obbedire allo spirito dell’autore.
Trovano posto, senza interrompere l’armonioso flusso nel quale sono immerse, tre composizioni di Tsabropoulos ispirate al repertorio tradizionale greco ortodosso, poste quasi al centro del disco.

Un disco di grande bellezza.

Un breve lasso di tempo liberato dal “sonno ipnotico”.

Un ascolto vivamente consigliato.

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