Quand'è che una formula può considerarsi realmente vincente?

Risposta difficile da dare, almeno per molti. Per Tobias Forge invece, leader dei Ghost, è stata chiara fin da subito.

Punto uno: Fai in modo che parlino di te, che sia nel male o nel bene. Attira quante persone puoi, fregatene delle critiche, e bilancia bene ogni tua mossa. Basa un buona parte del tuo lavoro sul lato estetico. E su questo non penso ci sia da discutere, visto che Forge stesso si è affibiato la carica di un certo Papa Emeritus, il quale abdica ad ogni album per poi venir sostituito con una nuova denominazione, seguito nella sua attività live da sei musicisti mascherati dal nome di Nameless Ghoul.

Punto due: Non lasciare che le apparenze prendino il sopravvento. Provare che musicalmente riesci a re-inventarti ogni album, dimostrando di non essere il solito fenomeno da baraccone passeggero. E anche qui, i Ghost non peccano, avendo avuto una maturazione artistica che va dal loro debutto "Opus Eponymous" del 2010 assolutamente straordinaria, da lasciar a bocca aperta anche i più critici e dubbiosi come il sottoscritto.

E quindi alla fine questa formula vincente, i Ghost l'hanno trovata. Con "Prequelle", questo il titolo del loro album uscito quasi due mesi fa, il gruppo svedese vira verso un sound se vogliamo più accattivante dal punto di vista melodico, con ritornelli ben costruiti, e con composizioni fatte per evitare di cadere nel banale o nella ripetitività. Lo si poteva già prevedere in un certo senso dall' EP "Popestar" del 2016, che vedev oltre all'inedita "Square Hammer" varie cover di artisti pop come Eurythmics e i Simian Mobile Disco. Tobias Forge dimostra quindi di non essere quel tipo di artista che si sofferma su un solo tipo di sonorità, e riconosciuta quella come formula del successo, prosegue imperterrito, anzi il contrario. Non che sia una cattiva mossa, sia chiaro, io stesso lodo e seguo certi artisti che perseguono queste scelte musicali, ma nel caso di un gruppo come i Ghost posso essere solo che contento che cerchino di diversificare.

A conti fatti però, com'è "Prequelle"? Se dovessi dargli una definizione di poche parole, direi che è quel tipo di disco che non inventa quasi nulla, ma nella sua durata riesce a catturare l'attenzione dell'ascoltatore, riuscendo a far centro nel suo obiettivo, ossia rimanere in testa. Va però evidenziata la differenza fra ritornelli semplici ma ma efficaci, come scritto sopra, e il valore dell'intero pezzo, che mai prima d'ora nella carriera dei Ghost risulta più centrale che mai.

Si possono prendere per esempio i due singoli rilasciati, "Rats" e "Dance Macabre", tutti e due basati principalmente sulle tastiere e a dei chorus efficaci, ma strutturati in modo che riescano a trovar il loro spazio e il loro tempo, senza evitare che nè stanchino chi ascolta, e nè siano percepiti come due canzoni messe lì tanto per fare minutaggio. Eccellenti anche le due strumentali, "Miasma" che si muove su ritmiche heavy metal insieme a sonorità Jazz verso la fine, mentre "Helvetesfonter" ricorda molto le sonorità Progressive anni 70', dalle quali Forge ha detto di essere stato ispirato per la formazione dei Ghost, sopratutto di gruppi italiani, e di altre band come Blue Oyster Cult e i primi Uriah Heep. "Life Eternal" mette in mostra la timbrica nasale di Forge, in una ballad semplice ma incisiva come poche altre. Sulla stessa scia si muove anche "Pro Memoria", ma con un maggiore inserimento delle tastiere, mentre "Faith" rappresenta l'episodio più heavy dell'album con il basso a farla da padrone.

Con "Prequelle" i Ghost hanno osato, riuscendo a vincere. Nell'attesa di un ulteriore conferma, questo disco conferma lo stato di grazia e di ormai completa maturità nel quale è Tobias Forge, e perciò di come vorrà utilizzare le idee nei prossimi album. Certo, per aspetto i Ghost potranno essere anche considerati dei pagliacci che sono saliti alla popolarità solo per il loro modo di porsi, ma come detto, osando si può uscire vincitori. Ed è proprio quello che hanno fatto.

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