Ai margini della ribalta, e non sorretto del tutto da adeguati riconoscimenti critici, il cantautore monzese Giancarlo Onorato si è da tempo costruito uno spazio autonomo distinguendosi, in un panorama di saturazioni espressive, nella difficile impresa di ritagliarsi un'identità musicale originale, svincolata da mode e priva di ascendenze stilistiche, capace di riproporsi, senza affievolimenti, lungo un percorso che è arrivato ad annoverare, con questo recente "Sangue Bianco", quattro raccolte frutto di una solida e personale coerenza espressiva.

Già nei dischi precedenti, e in particolare in "Io sono l'Angelo", uscito alla fine degli anni Novanta e a tutt'oggi il suo capolavoro, spiccavano immediati i tratti del suo talento: quell'impasto ammaliante di voce e sonorità da cui scaturiscono struggenti vibrazioni e le contagiose atmosfere di un'estasi stupita; quel flusso di malinconie evase dai recinti di una privata sopportazione per aprirsi a un canto d'amore universale, dai forti connotati spirituali e religiosi. Quella di Onorato è tuttavia una religiosità priva di decaloghi, non precettistica, mentre la dolcezza, espansa nel magnetismo di volute avvolgenti, elude i suoi tranelli per disporsi a intonazione cosmica, che tutto amalgama in un nucleo di densità panica, in un misticismo ancorato alle vicende sentimentali ed esistenziali degli uomini.

In "Sangue Bianco" il rigore della ricerca musicale coinvolge ancora una volta i testi. Come nei precedenti lavori Onorato si avvale del contributo della bravissima poetessa milanese Anna Lamberti-Bocconi, qui con un adattamento della sua poesia "Il carnevale dei morti". Frutto dell'elaborazione di altre liriche, quelle della tedesca Else Lasker-Schüler, è il brano "Else Lied", in cui l'essenzialità quasi claustrale apre inattesi spazi vertiginosi, di azzurità lievi, percorsi da limpide ventilazioni. Altro incrocio poetico con un testo di Paola De Benedictis, "Io ti battezzo". Qui degli accordi di piano solenni e rarefatti, distanti fra loro introducono a un testo ad alta temperatura, a un misticismo attuato nei rituali di un sacrificio liberatorio. Nei due brani, "L'illusione di salvezza" e  "Il tuo venire", le tipiche sonorità di Onorato sembrano accogliere echi musicali di decenni trascorsi, talora vagamente beat, amalgamati in un impasto senza scompensi. Nel pezzo di chiusura del Cd, "Reginebambine", la circolarità cantilenante della musica è quella di "un suonatore vampiro, malato guaritore", un mago inespresso e incompleto, un demiurgo monco che convoca, al suono di quello che potrebbe essere un organetto cosmico o un carillon siderale, un universo di "madri acerbe, di meduse bambine" per la riunificazione di due mondi separati, nel segno miracoloso della rigenerazione.

Onorato è un abitatore di spazi aperti, un angelo rilkiano dislocato nelle impalpabili regioni tra visibile e invisibile, plenipotenziario di divinità innamorate e collimanti con le forme stesse della natura e degli spazi.

Come già il titolo dell'album ci segnala, egli è un cultore di ossimori, di accostamenti sensoriali e lessicali a prima vista stridenti, perché l'elevazione spirituale prevede l'elaborazione tanto della gioia quanto del dolore. E il segno delle cicatrici è un elemento imprescindibile e naturale attraverso cui maturare la nostra pienezza estatica. Le spine ulceranti, le ferite si affrancano da valenze puramente affliggenti, perdono il loro segno gravoso per essere scagliate, come addensamenti liberatori, nel grande impasto dei cicli universali.

Per Onorato la connessione tra amore privato e amore universale rappresenta un aspetto cruciale, fino alla confluenza di questi due elementi in un continuum privo di dissonanze. Anche quando l'amore sembra essere celebrato secondo ritualità private, come nella prima parte del brano "Il nostro fiero canto" ("il sole muore solo per noi"), l'esito finale svela un raccordo con le linfe segrete della natura e del mito ("le nostre gambe di sangue di cedro / sono padri profeti e madri di re"). Non possono esistere giardini privati per chi scorre nelle vene del Cosmo incrociandosi con le scaturigini stesse del divino.

Stefano Cardarelli

Carico i commenti...  con calma