Con questa segnalazione speriamo di fare felici tutti gli amanti del krautrock. Questo è l’omonimo debutto di questi tedeschi (attivi dal 1969), nonché l’opera più “nota” della loro striminzita discografia, spesso denominata con il “sottotitolo” Free Electric Sound, 1971.

Solitamente l’opener di un disco d’esordio punta a colpire direttamente l’ascoltatore, infatti non è un caso che Aggression sia uno scoppiettante ed adrenalinico strumentale che svela subito il lato più prog-oriented della band. I musicisti si rincorrono l’uno con l’altro, si presentano, ci mostrano la loro straordinaria abilità esecutiva, nel cuore di un pezzo che in realtà ha l’unico scopo di dare “fuoco alle polveri” al fine di mettere l’ascoltatore dell’umore più consono per respirare a pieni polmoni il clima di Gila.

Un disco fatto di evocazioni cosmiche e richiami astrali (Kommunikation) dove le parti cantate si contano su una mano; e metà di esse non sono voci ma vocalizzi, come i berci del neonato all’inizio di Kollaps, brano cupo costruito su ritmi grevi e marziali dove si liberano le note inquiete delle keyboards e i sinistri riff delle chitarre: il disperato lamento di un piccolo essere umano intrappolato in chissà quale remoto frammento dello spazio e del tempo. Ma Gila non svolazza solo per il cosmo, ma sprofonda anche sulla Terra. Terra desertica tumefatta e attorniata da renose dune: un arso unplugged orientale (Kontakt) che va in parte a mitigare la superbia del sole cocente, quando un arioso giro di keyboards (Kollektivitat), porta uno spiffero d’aria fresca che ci libera per sempre dall’inquietudine e dall’arsura subita nei precedenti brani.

Un po’ sottotono Individualitat, traccia finale costituita da un intruglio di percussioni che a tratti sembra riprodurre una samba (?); pezzo che però arriva quando ormai la magia è già stata scritta.

Federico “Dragonstar” Passarella

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