La passione è proprio una cosa singolare: accomuna la gente più diversa, unisce dove neppure fiumi di letteratura teologica e filosofica riescono ad unire, e lo fa in maniera elementare, banale ma irresistibile. Ti piace far questo? Si? Anche a me; perché allora non lo si fa assieme? E vanno via le disuguaglianze. Ma anche le incomprensioni, le inimicizie, le antipatie a fior di pelle se si vuole. Perlomeno finché c'è qualcosa da fare.

Era dal 1996 che questi ex ragazzi non pubblicavano un disco assieme: anni di inceppamenti, divisioni, tensioni, ricoveri e dimissioni, riabilitazioni e ricadute. Problemi difficilotti da risolvere, chissà se improponibili da affrontare uniti. Fatto sta che la band si scioglie nel '97 e si riunisce cinque anni dopo per andare in tours interminabili. E che solo nel 2006 pubblica materiale nuovo. Anni di interludio, di stono, di garbugli ma di concerti, perché la passione è quella che deve trionfare, ed aiutarli a risolvere i problemi di sempre.

Cosa vuol dire però tornare dopo dieci anni? In primis, parrebbe voler dire cambio di rotta. I Gin Blossoms sono e resteranno (ammesso che continueranno ad esistere) una band di rock classico e/o root sempre e comunque, ma qui a cambiare è l'approccio. Basta l'iniziale "Learning The Hard Way" per comprendere che l'approccio è mutato, e qui siamo più o meno dove si ritrovò tale Billy Corgan post-grunge e post-crollo dell'impero di Seattle, con la sua "Let Me Give The World To You". Sentimenti pop melodici, sentieri persi in cui si ritrovano un po' tutte le anime disorientate, che siano i grunge alla ricerca di una identità smarrita (mai avuta?) o che siano musicisti più tradizionali alla ricerca di una nuova strada da cui ripartire.

Ecco, la strada dei Gin Blossoms è la melodia abbinata ad un poprock che della loro Arizona ha ben poco: è californiano, paraculo ed ha tanta voglia di vivere e sbattersene; in "Come On Hard" viaggia più che bene; "Heart Shaped Locket" poi terrebbe testa ad una band per adolescenti di oggi.

La carrellata può proseguire con la pestata e non banale "Long Time Gone", coll'ottimo superrock melodico "Let's Play Two", con una specie di punkpop dalla melodia da pezzo per falò intitolato "Fool For The Taking", con delle ballate zuccherosissime e niente di che, se togliessimo la ballad di fine estate "The End Of The World". Menzione a parte per "Someday Soon", in cui sei dentro ad uno spot di Tommy Hilfiger, e sei diciassettenne e sei biondo e sei immacolato, nonché per la conclusiva "California Sun": l'equivalente americano del sole di Napule.

La California è un sogno, dicevano quarant'anni fa, una illusione, uno stato mentale ed uno stato di grazia che fa scrivere belle canzoni. E questo disco ne ha  non poche. Basteranno ai fratelli Del Monte (il loro secondo nome) queste calde ed easy suggestions, nonché la certezza di una vita da vivere come una tournée perenne, per restare assieme diciamo per un altro decennio? Nel frattempo due anni sono passati e di dischi in arrivo nisba.

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