C'era una volta Gino Paoli, Gino Paoli l'artista. Basta chiudere gli occhi. Basta chiuderne uno, quantomeno, e concentrarsi per un momento sull'altro. Come molti già sapranno il suo nome negli ultimi mesi è circolato fra quotidiani nazionali, siti di musica, e social networks per vicende che con l'arte hanno ben poco a che vedere: il signor Gino, ad oggi, si trova infatti sotto indagine della Procura di Genova per un ammanco fiscale (al momento precisiamo solo presunto) di qualche centinaia di migliaia di euro. Il fatto che questo sia successo nel momento in cui oltretutto il nostro era anche presidente di un'organismo quale la SIAE, percepito usualmente come già abbastanza impopolare di suo, può far comprendere quanto in certi ambienti musicali, almeno quelli più underground, il cantautore genovese sia oggi malvisto.

Bene, Basta chiudere gli occhi. Per ironia della sorte è anche il titolo di un album strepitoso, pubblicato da Paoli nel 1964 e contenente sia pezzi originali che due straordinari successi piazzati dall'artista genovese solo l'anno precedente: Che cosa c'è e Sapore di sale. Dodici tracce, dodici gioielli, che si srotolano all'ascolto come un delicato tessuto di rara qualità, sorrette, come sono, da arrangiamenti che si affidano al genio di due giganti quali Ennio Morricone ed Alessandro Alessandroni. Il piglio compositivo, anche all'interno della singola canzone, segue perciò splendidamente e cinematograficamente le sensazioni espresse da ogni singolo verso, ora aprendosi ad imponenti tappeti d'archi, ora richiudendosi discretamente su un mood affidato solo a una melodica, un contrabbasso e una batteria appena "spazzolata"...

Impossibile sarebbe poi non sottolineare la bellezza dei testi, a tratti davvero da brividi, in cui l'amore viene trattato in una moltitudine di sfaccettature e colori, ma con atteggiamento maturo, "asciutto", senza cioè che questo trascenda mai nel mieloso o nel patetico. L'interpretazione è perfetta, scandita, profonda, sentita quanto si richiede a un cantautore e, solo quando serve, lirica. L'incanto è così raggiunto: l'ascolto di "Basta chiudere gli occhi" trascina "lo spettatore" in territori lontani, dimenticati (e mi arrischio a scrivere quasi lisergici) in cui è bello sprofondare. Nel mezzo, degli assoluti capolavori: come la title-track, la già citata Che cosa c'è, A Milano non crescono i fiori, Nel corso (una canzone che in qualche modo anticipa il progressive che verrà), Sapore di Sale, Vivere Ancora...

Vivere ancora, già. Perchè anche all'epoca si parlò di Gino Paoli per vicende che con l'arte avevano poco a che fare. Dopo avere scandalizzato la stampa nazionale a causa della sua relazione con Stefania Sandrelli (consumatasi mentre l'artista era già sposato e in attesa d'un figlio dalla moglie legittima), il cantautore genovese l'11 luglio 1963, si sparava un colpo al cuore, per sua fortuna sbagliando mira di pochi millimetri ( "Il suicidio è l'unico, arrogante modo dato all'uomo per decidere di sé. Ma io sono la dimostrazione che neppure così si riesce a decidere davvero", dirà più tardi).

Basta chiudere gli occhi, insomma, e aprire bene i timpani. Mai la percezione sociale delle vicende personali di un'artista si confonda con la percezione reale della sua arte, se arte è. Questo disco è un tassello splendente ed irrinunciabile della storia del nostro cantautorato, che ogni amante della musica dovrebbe ascoltare almeno una volta nella vita. Preparandosi al fatto, pressochè scontato, che se davvero amate la Musica con la M maiuscola difficilmente vi acconteterete di un solo ascolto.

Carico i commenti... con calma