Parco Archeologico di Cuma - Via Dell'Acropoli 1 - 80078 Pozzuoli (NA) 
GINO VANNELLI feat. Michiel Borstlap 

Gino Vannelli: voce,  Michiel Borstlap: pianoforte e tastiere,  Boudewijn Lucas: basso,  Erik Kooger: batteria. Probabilmente Gino Vannelli può vantare una delle platee d'ascolto più qualificate e, allo stesso tempo entusiaste, che capiti di vedere in un concerto e allora non ti sorprendere se scorgi Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo, dei mitici New Trolls, quietamente assiepati che dispensano estasiati commenti su questo straordinario crooner che ha colorato per una sera le evocative vestigia di Cuma con la sua straordinaria voce.  

Il concerto partenopeo, il primo della sua vita, ha riproposto il sofisticato sound che ha caratterizzato l'ultimo decennio dell'artista canadese sempre più attratto da atmosfere "combo jazz", ormai bonariamente accettate anche da qualche nostalgico della jazz fusion vannelliana anni 70. Il rigore e l'integrità artistica di Vannelli, cui ha sacrificato una carriera ben più remunerativa, sono proverbiali e si ritrovano anche nelle sfumature delle sue peformance, infatti prima del concerto si dedica ad un lungo e meticoloso soundcheck alla ricerca di precise sonorità che hanno prima messo a dura prova i trafelati fonici, poi, impreziosito lo show dominato dalla sua vocalità potentissima, malleabile e ricca di sfumature, che gli permette di passeggiare letteralmente sulle note inerpicandosi nelle tensioni più inaspettate per poi distendersi in lussureggianti vocalismi.
Classici hit del suo passato più pop vengono stravolti da arrangiamenti coraggiosi, a volte asciutti e spigolosi, e armonizzazioni che esaltano in primis Michiel Borslap pianista olandese di grande talento (già con Les Paul, Roy Hargrove e Jimmy Haslip e titolare di progetti personali tra cui il bel "Body acoustic" una rilettura acustica dei Weather Report del compianto Joe Zawinul) nonchè il giovanissimo Erik Kooger che ha incantato con le sue poliritmie gli attenti spettatori, il sapiente Boudewijn Lucas al basso; ma ciò che forse, più di tutto, ha contraddistinto la performance di Cuma è un uso magistrale della dinamica che ha deliziato la platea con l'alternanza di concitati fraseggi bebop con break stops micidiali, grappoli di cromatismi e ipnotici voicings di piano elettrico.

Il concerto di Gino Vannelli ha rifuggito con pudore facili indugi sugli hit del passato addentrandosi, invece, nelle nuove songs contenute nel cd in uscita realizzato da Vannelli con questa formazione, proponendosi più come il frontman di un gruppo che come un vero e proprio solista, e dunque lasciando ampi e meritati spazi al talento strumentale dei musicisti. Ed ecco, ad esempio, la splendida ballad Don't give up on me o la pulsante Knight of the road estrinsecare tutta la sua capacità  di essere compositore, arrangiatore ed interprete camaleontico, a suo modo "direttore d'orchestra" dalle intuizioni davisiane, dove jazz, soul, melodia vengono trasfigurate senza confini di genere o di mode: la sua musica dal vivo è assolutamente imprevedibile attimo dopo attimo. La musica di dipana con naturalezza e fascino fino alla chiusura che spetta naturalmente ad I just wanna stop  in versione slow cantata con il pubblico, unica vera concessione della serata, si potrebbe dire, al suo passato pop che, come canta in una sua nuova song, "ho seppellito sotto sei piedi di terra i miei castelli di Spagna ed i miei quindici minuti di gloria". 

Solo una piccola pecca di un'organizzazione efficiente per i circa seicento accorsi a vederlo, una insolita ristrettezza dello show (circa un ora e mezza) per un artista sempre molto generoso, ma che si è poi concesso al rito delle foto e degli autografi del suo sempre molto entusiasta pubblico italiano, che prova a riecheggiargli un "dov'è Joe?" (il fratello tastierista simbolo del periodo pop) o a chiedergli vecchi pezzi, ma lui sorride paziente e gentile e con un cenno di saluto scompare nel camerino.

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