Ambientato dopo l'8 settembre, nel periodo di occupazione dei tedeschi nei territori italiani durante la Repubblica di Salò, L'uomo che verrà si ispira all'eccidio di Monte Sole, una delle pagine più tragiche ed indicibili della storia italiana. Centinaia di uomini, donne, anziani e bambini vennero rastrellati e trucidati dai nazifascisti, pochi mesi prima della Liberazione.

Il film di Diritti non vuole ripercorrere la vicenda in stile documentaristico, segue gli eventi con duro ma necessario realismo, ma al tempo stesso fa ricorso al filtro cinematografico e narrativo, in un certo senso anche della fiaba, mettendo in scena personaggi di finzione, a rappresentanza di una famiglia normale di contadini dell'Appennino bolognese, su cui si basa questa opera.

Dal punto di vista cinematografico e poetico, il film è senza dubbio figlio di Olmi e di un capolavoro come L'albero degli zoccoli. Anche in questo caso, ad esempio, viene fatto ricorso al dialetto locale, in cui vengono girati quasi tutti i dialoghi, con rare concessioni all'italiano e, ovviamente, al tedesco utilizzato dai soldati delle SS. E, come nell'opera di Olmi, anche in questa di Diritti viene, con grande poesia, bellezza e umanità, ricostruita e ritratta in immagini la realtà quotidiana, nel corso di un anno, di questa comunità rurale, una come molte altre dell'Italia profonda. Ed anche qui viene restituita la grande sacralità della Terra e delle radici.

La vita dei paesani, pure nel mezzo di una guerra sanguinosa e subìta, prosegue, e in questo l'anima italiana emerge in modo toccante tanto quanto nel film Palma d'oro ambientato nella Bassa bergamasca nei primi del Novecento. Poco e nulla di sostanziale, infatti, era cambiato nel corso di quei quarant'anni e oltre, in certe realtà ancora estremamente lontane, nel tempo e nello spazio, dalla modernità.

Dal punto di vista storico e civile, invece, L'uomo che verrà è figlio della Resistenza, ma, e questo è un altro dei grandi meriti del film, i partigiani non vengono ritratti in modo retorico o idealizzato, bensì, a loro volta, come comuni individui, con pregi e difetti del caso, che comunque nulla poterono fare per evitare quelle stragi.

L'uomo che verrà è un film duro, un'esperienza fortissima, che, seppur senza nessuna spettacolarizzazione hollywoodiana del caso, non risparmia e non addolcisce nulla, restituendo dignità ai morti, la crudeltà degli aguzzini, ma soprattutto si respira l'aria del grandissimo cinema in ogni momento della visione.

Una visione senza dubbio dolorosissima, ma in questo caso non è sbagliato parlare di film necessario, perché questa pagina di storia oggi sono pochi a ricordarla e a conoscerla.

E perché il film è un'altra rievocazione della nostra storia, di un passato che non smette di guardarci, una messa in scena di quel che eravamo e, in fondo, ancora siamo. Così lontano così vicino, di chi siamo figli e nipoti.

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