Quando uno spirito libero ci lascia si ha la spiacevole sensazione di aver perso un appoggio, un punto di riferimento, insomma una parte di noi: è successo con De André e puntualmente è risuccesso con Gaber, anche per quelli come il sottoscritto, che lo consideravano una specie di Dario Fo della canzone, uno più da andare a vedere al teatro che da ascoltare. Per essere poi smentiti da dischi come questo, in cui anche la musica si presenta più che decorosa, a tratti veramente piacevole, pur rimanendo relegata ad una funzione di sfondo per le parole di Gaber, che sono il succo. L'antico socio Jannacci diceva, con versi sconnessi come lui: "allora sarà ancora più bello... quando tace il water... quando parla Gaber". Sembra un delirio, ma è un'intuizione: quando parla Gaber l'effetto è opposto a quello della pubblicità, in cui anche i cessi parlano, soddisfatti se trattati con l'anticalcare giusto.
Gaber ci parla, e sempre senza peli sulla lingua, "senza se e senza ma", scandendo le sillabe e declamando sornione e sarcastico quello che l'ipocrisia collettiva non consente mai di dire, scovando spietatamente "i mostri che abbiamo dentro". Il titolo di questo disco-testamento non inganni: la satira contro il forzato patriottismo da tre soldi con il quale stanno tentando di lavarci il cervello è confinata solo alla buffa marcetta che dà il titolo all'album (e d'altronde il glorioso inno di Mameli che cos'è, se non una buffa marcetta?). Il filo conduttore invece riguarda un ambito molto più vasto della stretta Italietta: è un'appassionata dichiarazione di non appartenenza al Pensiero Unico, quello in cui "Il tutto è falso, il falso è tutto", come ripete ossessivamente il brano che apre l'album. Chiunque pensi che il mondo, seguendo unicamente le leggi del mercato e dell'immagine, andrà verso l'autodistruzione, preceduta da un progressivo imbarbarimento, può sottoscrivere queste parole, ma il modo con cui Gaber sa proporle è unico. Anzi, sono più modi: senza alcun spiraglio di speranza ("Il tutto è falso", "I mostri che abbiamo dentro") oppure con moderata fiducia in una una possibile salvezza, come in "Non insegnate ai bambini", che invita a non contaminare almeno le future generazioni con la "morale" dominante e "Se ci fosse un uomo", che non a caso chiude il disco con l'incerta fede in un nuovo tipo di umanità che dovrà popolare uno spazio che (per ora) è irrimediabilmente vuoto.
C'è spazio anche per l'analisi dei sentimenti umani, che nonostante tutto ancora esistono: "Il dilemma" è la storia di due innamorati che si tolgono la vita appena si rendono conto che il loro amore non ha più senso, e qui Gaber, pur con il suo tono distaccato da osservatore esterno, riesce suo malgrado a commuoverci; "L'illogica allegria", ovvero quei momenti, sempre più necessari, in cui ci si ritrova con noi stessi, al di fuori dell'inutile schiamazzo che dovrebbe darci l'allegria più logica; "La parola io", monito contro il narcisismo, che ci tenta fin da piccoli con il dolce suono di questa parola, ma rischia poi di farci andare alla deriva verso una delirante megalomania, ben rappresentata dal finale. Un'altra iniezione di sana ironia è "Il corrotto", ritratto di persona divisa in modo schizofrenico tra la morale comune e le pulsioni più naturali, dove spicca una rima un po' irriverente ma deliziosa ("Stranamente su questa teoria son d'accordo col Papa... però quella lì mi arrapa"). Insomma, se pensare non vi spaventa, se l'Italiano Medio della televisione vi fa un po' paura (perché sembra davvero un deficiente) questo disco fa per voi.
Elenco tracce testi samples e video
04 L'illogica allegria (04:07)
Da solo
lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino.
A volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino.
Lo so
del mondo e anche del resto
lo so
che tutto va in rovina
ma di mattina
quando la gente dorme
col suo normale malumore
mi può astare un niente
forse un piccolo bagliore
un'aria già vissuta
un paesaggio o che ne so.
E sto bene
Io sto bene come uno quando sogna
non lo so se mi conviene
ma sto bene, che vergogna.
Io sto bene
proprio ora, proprio qui
non è mica colpa mia
se mi capita così.
è come un'illogica allegria
di cui non so il motivo
non so che cosa sia.
è come se improvvisamente
mi fossi preso il diritto
di vivere il presente
Io sto bene...
Questa illogica allegria
proprio ora, proprio qui.
06 Il dilemma (06:16)
In una spiaggia poco serena camminavano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo era forse più audace più stupido e conquistatore
la donna aveva perdonato, non senza dolore.
Il dilemma era quello di sempre
un dilemma elementare
se aveva o non aveva senso il loro amore.
In una casa a picco sul mare vivevano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo è un animale quieto se vive nella sua tana
la donna non si sa se ingannevole o divina.
Il dilemma rappresenta l'equilibrio delle forze in campo
perché l'amore e il litigio sono le forme del nostro tempo.
Il loro amore moriva come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente
perché morire e far morire è un'antica usanza
che suole aver la gente.
Lui parlava quasi sempre di speranza e di paura
come l'essenza della sua immagine futura.
E coltivava la sua smania e cercava la verità
lei l'ascoltava in silenzio, lei forse ce l'aveva già.
Anche lui curiosamente come tutti era nato da un ventre
ma purtroppo non se lo ricorda o non lo sa.
In un giorno di primavera quando lei non lo guardava
lui rincorse lo sguardo di una fanciulla nuova.
E ancora oggi non si sa se era innocente come un animale
o se era come instupidito dalla vanità.
Ma stranamente lei si chiese se non fosse un'altra volta il caso
di amare e di restar fedele al proprio sposo.
Il loro amore moriva come quello di tutti
con le parole che ognuno sa a memoria
Sapevan piangere e soffrire
ma senza dar la colpa all'epoca o alla Storia.
Questa voglia di non lasciarsi
è difficile da giudicare
non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere.
Ai momenti di abbandono alternavano le fatiche
con la gran tenacia che è propria delle cose antiche.
E questo è il sunto di questa storia
per altro senza importanza
che si potrebbe chiamare appunto resistenza.
Forse il ricordo di quel Maggio
gli insegnò anche nel fallire il senso del rigore, il culto del coraggio.
E rifiutarono decisamente le nostre idee di libertà in amore
a questa scelta non si seppero adattare.
Non so se dire a questa nostra scelta o a questa nostra nuova sorte
so soltanto che loro si diedero la morte.
Il loro amore moriva come quello di tutti
non per una cosa astratta come la famiglia
loro scelsero la morte per una cosa vera come la famiglia.
Io ci vorrei vedere più chiaro rivisitare il loro percorso
le coraggiose battaglie che avevano vinto e perso.
Vorrei riuscire a penetrare nel mistero di un uomo e
una donna nell'immenso labirinto di quel dilemma.
Forse quel gesto disperato potrebbe anche rivelare
come il segno di qualcosa che stiamo per capire.
Il loro amore moriva come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente perché morire e far morire
è un'antica usanza che suole avere la gente.
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Altre recensioni
Di primiballi
Tutto può succedere, in quei giorni lì, in quei meravigliosi e cretinissimi giorni lì. Tutto, ma non deve morire Gaber.
Quella voce che non ha perso nulla negli anni. Anzi: se possibile, è diventata ancora più bella.