C’è da dire che son venuto a conoscenza del libro in questione dopo una chiacchierata con un amico, gran lettore, che, con poche parole, è riuscito a destare in me un’accesa curiosità, peraltro rafforzata dalla passione di un’altra amica, accanita lettrice di Camilleri, per questo libro di cui invero non avevo mai sentito parlare, dato che, malgrado la fama tanto agognata, l’autore, Giuseppe Berto, l’abbia raggiunta, qualche dubbio in più si potrebbe avere riguardo il raggiungimento della gloria presso i posteri, perlomeno per ciò che riguarda quelli nati negli anni ottanta, se si tiene conto che nell’indice degli autori delle varie letterature italiane e nel mio caso particolare della letteratura che comunemente viene attribuita al Baldi, arrivati agli autori il cui cognome inizia con la sillaba Be-, leggiamo Beaumarchais, Beccaria, Beckett, Belmondo, Benassi, Benco, Bene, Benjamin, Benussi, Berardinelli, Bergson, Berio, Bernardin de Saint-Pierre, Bernari, Bernhardt, Bertini, Bertolucci, Bettocchi e Bettarini, ma nessun Berto, nonostante, come detto, la fama ottenuta presso i suoi contemporanei, dato che per Il Male Oscuro ricevette nel 1964 due ambiti premi nel corso di un solo mese, il Viareggio e il Campiello.

Insomma, l'ho letto e ne sono rimasto folgorato.

Anche qui, l'oggetto è sempre quello, più o meno, la vita.

Però, come si può raccontare una vita?

Dalla nascita alla morte, certo.

Oppure seguendo il flusso dei pensieri che nascono e prendono forma, oppure non prendono forma affatto e si sciolgono, e, si capisce, nel frattempo qualcosa succede, e questi avvenimenti incentivano altra attività neuronale, cosicché fioriscono nuovi germogli di pensieri, oppure si ritorna indietro e si ritrovano delle ossessioni che perseguitano il soggetto in modo assillante e pervicace. E, se, come in questo caso, l’autobiografia è quella di uno sceneggiatore nevrotico, allora, il pensiero avrà un ritmo più incalzante, ossessionante e contraddittorio, si aggroviglierà tenace su sé stesso per poi volare alto su nuovi lidi da cui ricadere fragorosamente a terra, tra le proprie fissazioni, le proprie fobie e le proprie fisime.

Un libro di pensieri, dunque?

No, è stato detto, i pensieri subiscono una detonazione dopo un fatto, la morte del padre mentre il protagonista era lontano dal suo capezzale, a cui segue il presentarsi di diversi sintomi di un male oscuro, quali, ematuria nelle urine, rene mobile, calcolo renale, tubercolosi renale, ulcera duodenale, esaurimento nervoso, una vertebra sporgente e nevrosi d’angoscia. E poi trascorrono degli anni, nei quali si intervallano nevrosi sempre peggiori, fisime sempre più peculiari, fobie sempre più frequenti, crisi sempre più forti, fino a che la psicoanalisi non riporta indietro il racconto dell’io narrante, in una fase antecedente della sua storia, quella che possiamo considerare la seconda fase del racconto, che narra, in ottica psicoanalitica, l'infanzia in casa, l'adolescenza in collegio e nel liceo, e la giovinezza in battaglia e in viaggio e all'università, nel tentativo di scoprire come e quando il Super-io sia diventato così esigente e pedante e severo e rigoroso con l'io tanto da aver portato il protagonista a questa paralizzante nevrosi. Si giunge così, nella terza parte, a un diradarsi delle crisi, a una sorta di guarigione potremmo dire, ma proprio in questo momento il protagonista deve fare i conti col mondo esterno che si svela infine per quel che è, al di là delle lenti create dalla nevrosi, e porta con sé un pesantissimo carico di dolore finalmente affrontabile attraverso uno sforzo che possiamo dire umano e la narrazione smette di aggrovigliarsi su se stessa e inizia a scorrere dritta in una serie di eventi che spezzano il cuore e tagliano il fiato.

E infine il racconto si dissolve e tu, lettore, ti ritrovi a ripensare alla tua vita, stravolta, sotto un'altra luce.

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