Premessa: "La leggenda del pianista sull'oceano", come dice il titolo, ha per protagonista un musicista... La musica dovrebbe quindi avere un ruolo fondamentale. Tale musica è stata composta da Ennio Morricone. Purtroppo mentre vedevo il film, non ero troppo soddisfatto di come avevo speso i miei soldi, per cui non vi ho prestato molta attenzione. Mi ricordo solo che c'era del jazz e del rag time... Troppo poco per farne menzione... Mi limiterò quindi a fare delle considerazioni sulla storia. Buona lettura.
Inizio questa recensione sgomberando il campo da ogni possibile dubbio. Alessandro Baricco non è il mio scrittore preferito, così come Giuseppe Tornatore non è il mio cineasta preferito. La trasposizione da "Novecento", opera teatrale, a "La leggenda del pianista sull'oceano", opera cinematografica, li vide lavorare appaiati. Tale trasposizione è piuttosto fedele. Entrambe le versioni sono delle... (scegliete voi la parolaccia che vi piace di più...)
Partirei dall'analisi del personaggio. Novecento, al quale Tim Roth presta il viso, è uno straordinario pianista. A parte il talento musicale il personaggio manca però di caratterizzazione. Parla poco e quando parla non dice nulla di memorabile, non ha vizi e quando si innamora non riesce manco a dichiararsi... Vive tutta la sua vita sul "Virginian", la grande nave sulla quale è nato e che porta genti di ogni nazionalità ed estrazione (ovviamente divisi in categorie) dal vecchio al nuovo mondo e viceversa. Su quella nave Novecento morirà senza aver mai messo piede sulla terra ferma. La musica poi non è per lui solo una passione; è una sorta di "super potere" che possiede dalla nascita.
Mi spiego: Siamo all'inizio del secolo scorso. Novecento viene abbandonato dalla madre, una passeggera molto povera del "Virginian", e trovato da un fuochista. Egli dà un nome al bambino e lo porta nel locale caldaie. In quel bell'ambientino Novecento passa i suoi primi cinque anni. Un bel giorno gli viene voglia di vedere "il mondo": si avventura nottetempo per i corridoi della nave e trova un pianoforte; allora si siede e suona un motivetto semplice semplice ma con una sua struttura. Ora, considerato che Novecento prima di quel momento non ha mai visto un pianoforte e non ha mai sentito altro che lo sferragliare dei motori, come cacchio può riuscire a improvvisare quella musica? Si obietterà che sto parlando di una favola e che nelle favole tutto è possibile ma la considerazione che la musica sia cosa alla quale i geni si applicano senza sforzo e senza studio, mi pare fuorviante, diseducativa e, in ultima analisi, un pochino idiota.
Ma un'idiozia più grossa la troviamo più avanti, nella scena del duello pianistico fra Novecento e Jelly Roll Morton. Questi due fanno a gara a chi suona nella maniera più indiavolata. Ovviamente è Novecento a trionfare. Vediamo come: poco prima di suonare l'ultimo pezzo, Novecento è in svantaggio. Per recuperare c'è bisogno di un gran colpo di teatro. Prende allora una sigaretta, la piazza vicino alle corde del piano e inizia a suonare. La foga con la quale pesta sui tasti rende le corde incandescenti e la sigaretta si accende. Per rendere ulteriormente l'idea di quanto Novecento suona veloce e indiavolato, a Tim Roth spuntano altre due braccia... Pare un polipo tanto si agita... Giunto alla fine del brano, Novecento prende la sigaretta fumante e la infila nella bocca aperta di uno sconvolto Jelly Roll... Tripudio degli astanti. Ora, io stenderei un velo pietoso sull'episodio in sé e mi limiterei a una piccola considerazione: in buona sostanza Novecento (il buono) è più bravo di Jelly Roll Morton (il cattivo) non per questioni inerenti il talento musicale (il tocco, la predisposizione alla melodia, ecc...) ma perchè fa più casino...
Più sopra s'è detto che "la leggenda..." è una favola... Avrà quindi una morale... Possiamo desumerla dall'ultimo monologo. E' passato molto tempo e il "Virginian" è ormai da alcuni lustri un ferro vecchio; lo si deve far saltare in aria. E' già imbottito di esplosivo ma, porca vacca, Novecento vive ancora lì dentro. Si è cibato di sorci in tutti gli anni in cui la nave è rimasta in porto a fare la ruggine... Non si sa perchè non abbia mai voluto mettere piede sulla terra ferma. Tutti gli dicevano: "Eddai Novecento vai a New York o a Los Angeles o a Londra... Suonerai, ti farai un sacco di soldi, bravo come sei... Avrai una bella casa, una moglie, dei figli, ecc...". Tutte le volte lui cambiava discorso o non diceva nulla. Solo alla fine Novecento confessa al suo amico trombettista, intervenuto per trarlo in salvo, che aveva semplicemente paura: scegliendo una città, una casa, una donna ecc... si escludono altre città, altre case e altre donne... Cioè altre possibilità che potrebbero essere più, come dire, fruttuose... E allora perchè scegliere? Meglio rinunciare, rimanere sul "Virginian", e vedere il mondo solo nei racconti dei passeggeri. Per lui il viaggio non è percorso di conoscenza e mezzo per evolvere, semmai per evitare di evolvere. In sostanza Novecento è un fallito che ha paura di prendere decisioni. Nemmeno in questo momento, quando cioè il "Virginian" sta per esplodere, si decide ad andarsene. Non solo: definisce questa aberrante rinuncia a vivere una cosa "Geniale, matematica, geometrica".
Non so voi ma io uno che mangia sorci e vive in una nave piena di tritolo non lo definirei un genio...
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