Premessa: questo non è un brutto album. Fosse stato pubblicato da chiunque altro non ci sarebbe problema, venendo al massimo ignorato. Il fatto è che questo disco, però, è a nome dei Godspeed You! Black Emperor.
Non è un mistero che la fase successiva ai 10 anni di pausa (dal 2002 al 2012) della carriera dell'ensemble di Montreal abbia spesso mostrato una diminuzione di carica nei riguardi di intensità, innovazione e a volte anche sincerità. È innegabile che nei lavori post 'Allelujah! Don't Bend! Ascend! si percepisca la mancanza dell'energia apocalittica che anima lavori come Yanqui U.X.O. e F♯A♯∞ e le forme compositive sembrano, alle volte, riferirsi più alle aspettative dei fan rispetto a ciò che la band ha davvero da dire. Il loro precedente album del 2021 G_d's Pee AT STATE'S END! è un chiaro, seppur valido come lavoro in sè, esempio di questa tendenza.
"NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD" mostra alcuni timidi, incerti passi verso una direzione diversa e questo è un ottimo risultato per una band ormai così abituata alla propria zona di comfort. Gli ultimi 10 anni di attività hanno visto una progressiva normalizzazione delle sonorità e della strumentazione verso un sound più tradizionalmente alt-rock (sono ormai lontani i tempi dei suoni ultraterreni e minacciosi di Lift Yr. Skinny Fists Like Antennas To Heaven!) ma in questo album, per la prima volta, si assiste all'introduzione di nuovi elementi negli arrangiamenti: elettronica, effetti chitarristici e violinistici, contrabbassi, campane e altre sorgenti sonore inusuali. Il sound di "NO TITLE" è senza dubbio un'innovazione rinfrescante, aiutato inoltre dalla produzione che si sbarazza degli anemici e compressi suoni di AT STATE'S END! in favore di maggiore respiro, profondità e varietà negli arrangiamenti. A volte non sembra nemmeno di stare ascoltando i GY!BE, come nel passaggio centrale di Babys In A Thundercloud. E questa è una buona cosa.
Anche dal punto di vista delle composizioni questo disco sembra divergere dai precedenti: le classiche lunghe suite con movimenti qui cedono il passo a tracce più corte e contenute, con meno (e a volte più maldestra) evoluzione. Le classiche tracce di drone e interludi qui sono più variegate e interessanti che negli album precedenti: Sun Is A Hole Sun Is Vapors è un interessante preludio per chitarra e contrabbasso e i desolati paesaggi di Broken Spires at Dead Kapital sono un gradito rimando ai tempi dei Thee Silver Mt. Zion memorial Orchestra, progetto laterale di Efrim Menuck e soci. Ci sono altri momenti interessanti come le sezioni centrali e finali di Babys in a Thundecloud o l'intensa melodia di Grey Rubble - Green Shoots che riporta agli apici compositivi di questo gruppo. In generale questo disco si innesta nella vena degli album post 2012 che generalmente, rispetto ai primi tre capolavori, mostrano atmosfere meno minacciose e quasi leggere. Una dimostrazione di ciò è la melodia (quasi smaccatamente pop) che si trova alla fine di Raindrops Cast in Lead.
Tutte queste sono innovazioni di cui questa band, tanto politicamente schierata quanto musicalmente conservatrice, aveva disperatamente bisogno. Gli inglesi direbbero "too little, too late", ma la verità è che queste potrebbero essere le avvisaglie di un nuovo corso. Il vero problema di questo disco è una generale mancanza di focus a livello di idee musicali. I vari movimenti e passaggi sembrano connettersi l'uno con l'altro a malapena per vicinanza temporale; questo dà adito a una sorta di collage di materiale sonoro che, se una volta era il marchio di fabbrica dell'ensemble canadese, ad oggi risulta più una necessità che un'intenzione. Anche i classici crescendo, tanto amati dai fan, in questo album non sembrano riuscire a trovare una risoluzione appagante. L'assenza di forti idee compositive, rimpiazzate da più piccoli frammenti, condanna il disco a un'incoerenza alle volte disarmante. Un'intera sezione di Raindrops sembra addirittura copiata e incollata da Cliff's Gaze nel disco precedente. Se una volta i Godspeed erano una forza della natura, oggi sembrano un ramoscello in preda ai flutti.
Per i fan dei Godspeed questo è senza dubbio un disco il cui ascolto è consigliato, anche se non garantisco che possa attraversare le vostre cuffie per più di una o due volte. Per chi non conosce il gruppo non credo di poter consigliare questo pallido simulacro di una delle band più interessanti e musicalmente importanti degli anni 2000.
A livello musicale non avrei altro da dire, ma c'è una questione che ho volutamente lasciato da parte fino ad ora. Si tratta del titolo, o meglio, del "non-titolo" (che però è un titolo!! Interessante e novella provocazione autoriale).
Ciò che ad oggi, nel 2024, sta accandendo sulla popolazione palestinese è una tragedia disumana che merita la piena e incessante attenzione del nostro ipocrita mondo occidentale e sono sicuro che questo non sia necessario sentirlo dire da un cretino su DeBaser.
Le voci di chi scrive, di chi suona, di chi crea e ha la possibilità di farsi sentire sono importantissime ed è chiara la buona intenzione e l'ammirevole impegno del gruppo di Menuck in questo ambito. I Godspeed sono sempre stati un gruppo estremamente schierato politicamente e le tragedie dei nostri tempi sono sempre state fieramente oggetto dei loro lavori: in particolare, Yanqui U.X.O. è un tragico, intenso e sofferto ritratto degli orrori della guerra e della violenza degli eventi della seconda Intifada. Yanqui è un disco strumentale, come "NO TITLE", ma a differenza di quest'ultimo il messaggio di denuncia è manifesto nella musica. L'urgenza, la gravità, la speranza, il dramma sono tutti genuinamente nella musica oltre che nei titoli e nel packaging.
Cosa rimane qui della tragedia, al di là del titolo? Al di là delle parole scritte, cosa c'è nella musica di questa rabbia e questa gravità? La risposta che ho trovato è, purtroppo, che di tutto questo c'è ben poco. Questo titolo, che non brilla per sottigliezza, sembra sprecato di fronte a quella che è forse il lavoro più innocuo mai pubblicato da Efrim e soci. Non intendo assolutamente avallare la superficiale equazione "evento tragico=musica stereotipicamente tragica" anche perchè chiunque conosca i Godspeed sa quanto sono maestri nel dipingere goia e speranza nella disperazione e nella distruzione più totale. Qui il discorso riguarda le intenzioni e la proposta artistica, che i Godspeed stessi hanno voluto rendere inseparabile dal loro messaggio politico. Questo titolo, nella sua ingenuità, purtroppo non riesce ad avere abbastanza peso per non risultare fuori fase con la realtà del gruppo e, alla fine, del mondo.
Per i Godspeed You! Black Emperor gli slogan vuoti sono quasi un peccato mortale.
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