Singolari davvero, questi Gomez. Amano sfiorare molti generi musicali, reinterpretandoli però nella propria ottica, potremmo dire in chiave electro-pop-rock e in questo disco ormai hanno raggiunto una grande disinvoltura nella composizione dei propri pezzi.

Anarchia pressoché totale nell'interpretazione dei generi, rispecchiata altresì all'interno del gruppo: tra Ben Ottewell, Tom Gray e Ian Ball non esiste assolutamente un leader, dato che ciascuno dei tre si presta, di volta in volta, a fare la voce principale o i backing vocals per gli altri.
La singolare decisione di rimanere un gruppo senza primedonne non causa comunque confusione nell'ascoltatore. Anzi, piace l'avvicendarsi di queste voci ormai familiari.

Shot Shot è un inizio al fulmicotone, che cede il passo alla roca dolcezza di Rex Kramer; Detroit Swing è un pezzo sofisticato che potrebbe sentirsi in preascolto in qualsiasi club. Davvero particolari poi la bellissima Army Dub, e l'idilliaca Sound Of Sounds (tre voci sognanti in perfetta armonia) o il finale pestatissimo di In Our Gun - che inizia agli antipodi come pezzo un po' cupo e lento - o ancora il "blues electro" di Ping One Down... insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti.

Nella "repubblica anarchica" dei Gomez funziona tutto perfettamente, pur nella contaminazione dei generi. Se dovessi effettuare un accostamento con qualche artista affine, direi che a volte fanno pensare al primo Beck Hansen, senza la sua propensione all'abuso di campionamenti. In Our Gun si rivela in conclusione un disco singolare e gradevolissimo.

I Gomez proseguono sul proprio sentiero interpretativo, allargando gli orizzonti del pop rock e regalando emozioni, sentimenti, mediante un insieme armonico di voci che fanno sognare, colpendo l'ascoltatore dritto al cuore.

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