Nel lontano 2011 un piccolo film della sconosciuta Nickelodeon Movies si fece largo sgomitando tra le pellicole della rivale Dreamworks, arrivando a portare a casa la statuetta per miglior film d’animazione. Una campagna pubblicitaria incentrata unicamente sulla voce di Johnny Depp prestata al camaleonte protagonista, e il film passò in fretta nel dimenticatoio. Un vero peccato, perché Rango andrebbe recuperato per ben altri motivi.
Certo, il canovaccio base è piuttosto classico: un camaleonte domestico si ritrova smarrito nel deserto del Mojave e per un fortuito caso viene scambiato per eroe dai cittadini di un villaggio del (non troppo in realtà) vecchio west, bisognosi d’aiuto per risolvere l’allarmante crisi idrica.
A stupire sono stile e messa in scena, unite a un comparto tecnico eccezionale. Le splendide animazioni sono fornite dall’Industrial Light & Magic, alla sua prima prova per un intero film in CGI, e per risalire a un lustro fa il risultato è ancora sbalorditivo, dall’accurata resa e caratterizzazione dei diversi animali all’orchestrazione delle scene più concitate (la fuga in diligenza con esercito di pipistrelli alle calcagna è una gioia per gli occhi). Gore Verbinski dimostra tutto il suo talento visivo anche in sede d’animazione, concedendosi non pochi momenti di spettacolarità e respiro epico, aiutato da un Hans Zimmer in grande spolvero. L’ambientazione western risulta curata in ogni dettaglio (e omaggio), evidente l’affetto per il genere da parte del team creativo.
Il cast regala performance al microfono di tutto rispetto, fatevi il favore di vederlo in lingua originale magari, Johnny Depp svolge un lavoro fantastico nel dare vita all’imbranato camaleonte. Menzione d’onore poi per lo straordinario Bill Nighy (il già Davy Jones di Pirati dei caraibi), il suo serpente pistolero ha fatto tremare in sala non pochi giovani spettatori secondo le cronache.
In generale risulta difficile immaginare i bambini divertirsi quanto i genitori, l’atmosfera è ricca di momenti nonsense e il tono è decisamente virato verso il pubblico adulto, dal profuso di citazioni filmiche (da quelle più ruffiane come Apocalypse Now a quelle meno intuibili come El topo) alle numerose battute fatte di doppi sensi e cattivo gusto.
La sorpresa più piacevole è comunque il sotto testo. Ad un’occhiata superficiale Rango può apparire un ingenuo film d’animazione con animali antropomorfi parlanti, grattando la superficie ci troviamo in realtà una favola esistenzialista su un camaleonte imbranato smarrito in mezzo al deserto e dentro se stesso, un personaggio senza nome indeciso su che parte recitare a questo mondo. Sequenze come quella d’apertura e il sogno nel deserto sono il cuore pulsante di un racconto ricco di echi pirandelliani.
Il film andò incontro a un moderato riscontro commerciale, recuperando al botteghino a malapena le spese di produzione nonostante l’ottimo successo di critica. Probabile che le platee di mezzo mondo, soprattutto le più giovani, si trovarono leggermente spaesate di fronte a questo ibrido. A distanza di anni, merita di sicuro una seconda chance.
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